“Sitientens, venite ad aquam”…
(Assetati, venite all’acqua)
Dalle placide acque millenarie del lago di Bolsena, il più grande d’Europa di origine vulcanica, emergono due isole, molto diverse tra loro, ma entrambe custodi di segreti e di meraviglie. Della sacralità dell’isola Bisentina abbiamo precedentemente trattato: ragionevolmente identificabile quale Omphalos Sacro della Dodecapoli Etrusca. Dell’isola Martana invece appare un profilo diverso, dalle sembianze di una perfetta mezzaluna che ricorda in qualche modo le tombe dei giganti nuragiche. Da un lato aspra e pietrosa, dall’altro perfettamente pianeggiante. In molti sostengono che la Martana in tempi antichi fosse più simile a una penisola, collegata al porto di Kornoss / Marta attraverso un istmo. E’ scientificamente provato che le acque del lago fossero allora più basse, come testimoniano i numerosi tumuli denominati “Aiole” e i villaggi palafitticoli disseminati sotto le acque del lago. Questo lembo di terra viene ricordato dalla leggenda della carrozza d’oro di Amalasunta. L’isola è distante meno di due chilometri dalla costa e forse questo misterioso collegamento sarebbe stato parzialmente artificiale, costruito dalle genti locali mediante massi di pietra lavica. L’archeo sub Alessandro Fioravanti sostenne negli anni settanta di averla individuata dall’alto, ma i lavori al molo di Marta deviarono rapidamente le correnti causando stratificazioni che ne hanno impedito il riconoscimento. Sull’isola si denotano diversi elementi naturali e conformazioni forgiate dall’uomo che sembrano accostarsi a un ruolo sacrale in tempi remoti. In primis la visuale che dalla parte più alta dell’isola si orienta verso le cime del monte Cetona e del monte Amiata, con tutto quello che rappresenta il culto delle Acque sulla montagna Sacra agli etruschi. Anche la fonte vulcanica di acqua effervescente che sgorga sulla sommità dell’isola, poi intubata fino alla piana sottostante, rende ancor più probabile una funzione cultuale delle acque. Innalzandosi verso l’alto attraverso una via gradonata si raggiungono i resti di bastioni, della chiesa, della torre in muratura e una sorta di altare con visuale a tutto tondo sui monti Volsinii. Ma l’opera più enigmatica è rappresentata dal cunicolo ipogeo che taglia al centro la mezzaluna per poi trasformarsi in via cava e raggiungere la stretta spiaggia sul versante che guarda Bolsena. Un’opera titanica che non sembra giustificata da scopi prevalentemente pratici. Comunque un dato certo è che la Martana attraverso i secoli è stata sempre legata al culto del Sacro Femminile. Ciò sembra creare una continuità millenaria fino a raggiungere l’epoca che si lega tra l’affermarsi del cristianesimo e il pieno Medioevo. In questo periodo storico l’isola Martana fu legata profondamente alla presenza di donne dotate di particolare carisma e di notevole importanza a livello sia terreno che spirituale, pratico e al contempo simbolico. In primis si evidenzia la vicenda di Santa Cristina da Tyro, (antica città etrusca dedicata alla dea Turan, che sorgeva in prossimità dell’attuale Grotte di Castro) che attraverso il suo martirio simboleggia la lenta e inesorabile sovrapposizione del cristianesimo sui precedenti culti delle acque, della Dea Madre rappresentata dal lago stesso. L’isola Martana avrebbe incarnato il luogo in cui avvenne il martirio della Santa. Figlia di Urbano, magister militum di Bolsena, venne chiusa dal padre in una torre in compagnia di dodici ancelle, in contemplazione di simulacri pagani. La ragazza però aveva conosciuto Cristo e a lui si era donata, rifiutando gli dei del padre. Egli la flagellò per poi consegnarla al tribunale che la condannò a tremendi supplizi, tra i quali la ruota e le fiamme (in particolare quest’immagine potrebbe rappresentare la ruota della vita, le costellazioni, le lucumonie etrusche, simbologie millenarie soggiogate dalla tenacia della nuova fede cristiana). Le piaghe e le ferite inflitte alla giovane guarirono miracolosamente, così venne gettata nelle acque del lago con una pietra al collo che però finì per galleggiare. La ragazza tornata a riva lasciò l’impronta sulla pietra che fu poi usata come altare. Il padre ordinò di decapitarla ma la notte stessa fu lui stesso a morire. Venne sostituito da Dione e poi da Giuliano, i quali continuarono con il martirio sulla ragazza, dalla flagellazione all’olio bollente, dal taglio dei capelli alla pubblica umiliazione, dai serpenti alla mozzatura delle mammelle, tuttavia senza sortire alcun effetto. Due frecce al cuore misero fine al supplizio della giovinetta. Ancora oggi si celebrano i misteri di Santa Cristina (che letteralmente significa consacrata a Cristo) tra il 23 e il 24 luglio a Bolsena. Una rievocazione itinerante di stampo medievale sulla linea della commedia dell’arte, che rappresenta in tutta la sua durezza quanto sia stato arduo affermare il cristianesimo nel lago di Voltumna. In almeno due occasioni, durante la discesa dei Goti del 410 e quella dei Longobardi nel 568, gli abitanti di Bolsena si rifugiarono sull’isola Martana proteggendo le spoglie di Santa Cristina dalle profanazioni dei barbari. Un’altra donna carismatica che ebbe rapporti con l’isola Martana fu Matilde di Canossa, che nel 1084 fece riportare i resti di Santa Cristina nella chiesa di Bolsena, solo dopo aver chiesto a Papa Gregorio VII (Ildebrando da Sovana) di farli autenticare. Certo è che dopo il ritorno delle spoglie di Santa Cristina nella cripta della basilica il clero fece sempre affari d’oro con le tumulazioni nelle catacombe, giacché la gente pagava ingenti somme per farsi collocare più vicino possibile alla martire. L’isola è però soprattutto legata alla storia della regina dei Goti Amalasunta, figlia di Teodorico, e al suo triste destino. Una vita tra due fuochi: costretta a difendere la dominazione dei Goti dalle mire di Giustiniano, imperatore d’Oriente, contrastata dai propri nobili per la sua tolleranza verso i latini (educò il figlio come un romano). Alla morte del marito sposò il cugino Diodato, che la fece segregare sull’isola per poi annegarla nelle acque del lago. La ragione più plausibile della morte di Amalasunta fu proprio la sua tolleranza verso il diritto e i costumi romani, con i quali i Goti erano assolutamente in contrasto. Fatto sta che ancora oggi nelle aurore nebbiose sul lago i pescatori sembrano ancora udire il lamento della sfortunata regina, considerata uno spartiacque tra la fine dell’impero Romano e l’inizio del Medioevo. Un’altra donna fondamentale per la cristianità legata all’isola, seppur indirettamente fu Maria Maddalena. Secondo i vangeli apocrifi la Maddalena incinta di Gesù raggiunse i domini francesi insieme alle sue sorelle, e il figlio che generò diede il principio alla stirpe reale di Francia. Nel 741 Gherardo, conte di Borgogna, fece trasferire le spoglie di Maria Maddalena da Aix en Provence in Francia fino all’isola Martana. Questo per salvare le reliquie dai saraceni che saccheggiarono e distrussero la città avignonese. La domanda che perdura è perché abbiano scelto di compiere un viaggio lunghissimo e pericoloso fino a un’isoletta sperduta nell’Etruria. Nel 1643 una costola di Maria Maddalena fu richiesta dal vescovo di Montefiascone per gli agostiniani giunti da Montecassino, che avevano dedicato una cappella alla Santa in loco. Un’altra storia femminile legata all’isola è quella della regina Longobarda Teodolinda di Monza. Convertita al cristianesimo intrattenne buoni rapporti con la chiesa di Roma. Dopo l’invasione Longobarda la gente dei paesi intorno al lago si era nuovamente rifugiata sull’isola Martana, ma la regina Teodolinda ebbe un ruolo di mediazione, facendo si che i paesani potessero far ritorno in pace alle loro case. La regina ebbe il ruolo di pacificare la Tuscia e le terre intorno al lago e sull’isola Martana fece costituire un convento benedettino associato alle chiese di San Valentino e di Santo Stefano. Grazie alla situazione creata da Teodolinda fu possibile portare sulla Martana le spoglie di Maria Maddalena. Altre storie legano l’isola e il lago a Santa Marta, sorella di Maria Maddalena e Santa Caterina. Certo è che gli edifici a loro intitolati sorgono su precedenti edifici templari pagani. Questa procedura ha rappresentato la volontà profonda e continua di sovrapporre le identità cristiane sulle divinità pagane che da millenni regnavano sul lago, tanto che in moltissimi casi il Sacro e il Profano, il Cristiano e il Pagano riescono ancora oggi a convivere armoniosamente. In particolare questa commistione di simbologie è rappresentata in particolare dai Misteri di Santa Cristina, dalla Barabbata, dal Solco dritto e dalla confraternita del Purgatorio. Comunque una cosa non è cambiata col passare dei millenni, la forma di venerazione legata alle acque del lago è tutta al femminile, come a dire che ci sono arcani profondi che l’intenzione e la mano maschile non sono riusciti a spezzare.