Di solito colleghiamo concetti virtuosi ai sostantivi dignità e orgoglio. Spesso associamo loro virtù, valori, pregio. Se la dignità è sempre grande, per definizione non può essere piccola, o è grande o non c’è! l’orgoglio, invece, quando supera certe misure, sconfina nella presunzione e nella derisione altrui. Per l’orgoglio bisogna usare attenzioni. Facciamo qualche esempio.
Sono presuntuoso, e non orgoglioso, se dico, “…il mio livello culturale non mi permette di abbassarmi alle discussioni del bar…” perché mi pongo su un piano superiore e dimenticare l’uguaglianza con gli altri, in tanti casi, giustifica la derisione.
Sono invece giustamente orgoglioso quando affermo con fierezza di poter vivere in un piccolo paese, dimenticato dai progetti pubblici di sviluppo e difficile da raggiungere per le condizioni di una S.R.74 che, dal 1960, vede (dove conta e dove incide veramente sui tempi di percorrenza) il medesimo tracciato e lo stesso tempo per raggiungere la ferrovia o l’autostrada.
Tanti sono i motivi di questo piccolo orgoglio e tanto è il rammarico per non riuscire ad incidere sulle cause di un declino (qualitativo, economico, anagrafico) rilevabile oggettivamente dal procedere, negli anni, dei rapporti storici nei confronti con gli altri territori della Provincia.
Mettiamo da parte il rammarico, senza dimenticarlo, e parliamo dei motivi che generano questo orgoglio in termini oggettivi, ovvero, senza i facili coinvolgimenti affettivi nei riguardi di famiglia o amici che lo renderebbero scontato. Come potrete accorgervi parlerò dei primati presenti in questo paese, pardon: cittadina, come se fossero miei e come se potessi accampare diritti su di loro. Eccone un elenco: Pitigliano ha una torre civica, ora campanile della cattedrale di San Pietro, che è l’edificio storico più alto della provincia, 36 metri (aspetto smentite); Pitigliano ha una sinagoga che occasionalmente ospita cerimonie religiose e un cimitero ebraico ancora in uso (secondo Wikipedia uno dei quattro della Toscana con Firenze, Livorno e Pisa); Pitigliano ha un museo, quello della civiltà ebraica, che vede il più alto numero di visitatori, paganti il biglietto di ingresso, di tutti i musei della provincia; Pitigliano ha una presenza di così tanta acqua sorgiva che arricchisce il suo territorio e fa scorrere, circondando il paese, ben tre fiumi (Procchio, Meleta, Lente).
In quest’ultimo fiume, poi, si immergono le basi mistiche di un altro genere di orgoglio, quello di chi vive in un paese magico. Non è vaneggiamento, ho potuto vedere il mago all’opera e la realizzazione della magia. Come si vede nella sequenza fotografica registrata domenica 12 marzo, in 30 minuti, la cascata del Londini viene fatta scomparire: 1) l’incaricato ripulisce la griglia superiore di captazione dell’acqua; 2) dopo un passaggio all’interno del vano turbina il flusso fuoriesce in basso aggirando la cascata; 3) la cascata è scomparsa, il prodigio compiuto.
Vivere in un paese magico è un’affermazione leziosa e sdolcinata degna di opuscoli turistici di qualche anno fa.
Vivere in un paese dove qualcuno si appropria del suo patrimonio paesaggistico, della ricchezza panoramica che appartiene a Pitigliano, ai suoi ospiti e ai suoi abitanti offende la dignità di questi ultimi, e la offende, ancor di più, perché non si capisce chi ha autorizzato quell’opera e chi ne trae beneficio. Qualcuno incassa contributi? qualcuno paga meno la bolletta elettrica?… ma quanta corrente elettrica viene prodotta?
Intendiamoci, è giusto diversificare le fonti energetiche e utilizzare quelle rinnovabili. E bene hanno fatto a costruire la medesima opera sulla cascata del Meleta e sulla cascata di Titta (quelle non si vedono!), ma questa opera sulla cascata del Londini è una ferita al panorama pitiglianese, una perdita che non può essere compensata, ma solo vietata con il permanente ripristino della cascata (o il suo utilizzo in ore notturne).
Leonardo Dainelli