I libri Effigi su Manciano, Pitigliano, Sorano.

L’Amore al Tempo della Balera. La compagnia della Femia festeggia 10 anni a Teatro con un quarto spettacolo.

Un po’ in tutti i paesi è presente almeno  una compagnia di teatro popolare, spesso dialettale, comica, irriverente, ed è una cosa bellissima quando un gruppo di persone riesce a mettersi in gioco e creare un qualcosa di più o meno interessante. Già  il fatto di riuscire a portare la gente a teatro è  di per se un successo, meglio ancora se lo spettacolo presentato risulta  apprezzabile. Generalmente si assiste a dei prodotti amatoriali, senza troppe pretese, a volte godibili, a volte meno.

Poi c’è la Compagnia della Femia, che in dieci anni ha scritto delle opere di una forza e di una intensità senza eguali. La Compagnia è nata a Sorano, dal genio  di  Giuseppe Pinzi, autore di tutte le opere.  Al gruppo storico della Femia si sono di recente aggiunti nuovi elementi, provenienti da paesi limitrofi, in particolare il gruppo di Zara Racconta, da Castell’Azzara,

La prima opera “ di Fronte al Fronte”  ha raccontato la liberazione e in particolare il passaggio degli alleati  in Maremma, che in molti casi ha portato miseria e disperazione, stupri, furti e violenza. Emblematico il bombardamento della grotta delle Riparelle a San Giovanni delle Contee, dove il 14 giugno del 1944 perirono 11 persone sotto i cannoni degli alleati, proprio il giorno che  a Sorano si festeggiava la liberazione dai nazi fascisti.  Un’opera composta da tante letture di storie vere. Una narrazione  forte, cruda  e struggente, portata in scena più di 20 volte.

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Il secondo spettacolo “Da qui all’Eternità”  ha guardato più avanti nel tempo. L’opera parte dagli anni 50, con la ricostruzione e il conseguente boom economico, fino agli anni 60, con la nascita delle prime cooperative di braccianti, il decadimento dei poderi, lo spopolamento delle campagne per andare a lavorare in fabbrica o in miniera,  l’abbandono delle case lasciando le chiavi sulle porte. Da Qui all’Eternità prende spunto da un racconto di un signore locale che mentre passeggiava per i suoi campi, una volta da lui stesso coltivati,  scorgendo dell’uva di Procanico che emergeva dai rovi e assaggiandone un grappolo riconobbe “il sapore della sua fatica”. Anche Da qui all’Eternità  in questi ultimi anni è andata in scena una ventina di volte.

Non da meno è stato il terzo spettacolo: “Al Centro della Terra”, un viaggio emozionale  tra l’attualità e i numerosi flashback sul passato recente. L’avvento della televisione, che ben presto  avrebbe “sostituito le vecchie veglie davanti al focolare”, l’abbandono dei centri storici per le nuove case popolari, e ancora i venditori ambulanti, i mobili in formica, l’avvelenamento da pesticidi o  l’uso sempre più smisurato di plastica e di Eternit. La chiusura delle miniere e le lotte operaie, il fallimento delle cooperative, lo spopolamento degli abitanti, l’arrivo dei Lippi, dei Sardi e dei forestieri che hanno comprato  i poderi in abbandono. La nascita degli Agriturismi e di quei  giovani (purtroppo pochi) che hanno deciso di investire in casa propria, perché  la casa è come un punto di memoria, le radici danno la saggezza.

Ed eccoci arrivati all’ultima fatica teatrale della Femia, andata in scena questa primavera tra Castell’Azzara e Sorano,  ma che nei prossimi mesi aggiungerà nuove date in calendario. Questa quarta opera si chiama “l’Amore al Tempo della Balera”, ed è una storia già di per se realistica e  commovente, la più recitata e dinamica tra le opere della compagnia. Siamo da qualche parte tra le colline del Fiora, in uno dei tanti casali sparsi per la bassa Toscana, ed è l’ultimo giorno al podere per la signora Marina. Eh si, il figlio ha venduto il podere a qualche finanziaria che intende farne un  centro benessere. E immediatamente si viene risucchiati  in un tourbillon di ricordi, flashback,  voli pindarici che rievocano la gloriosa civiltà contadina, ormai quasi del tutto cancellata dalla modernità. La passione per il ballo, le feste nei poderi, gli amori e i tradimenti, l’amicizia e l’aiutarsi a vicenda,  il duro lavoro nei campi e la voglia di vivere e di divertirsi.  Si racconta della gioventù, di musica della fisarmonica,  del cantare la  befana per i poderi, della notte di San Giovanni, considerata la notte delle streghe, la morra, il panforte, le bevute e i fidanzamenti. Il dolore nel constatare che la fatica delle passate generazioni non è stata raccolta da quelle nuove, e che il podere costruito col sangue e il sudore chissà a chi andrà? E poi ancora il tema della violenza sulle donne, mostrato sulle note di Volemo le Bambole. Questo è un altro lato oscuro della civiltà contadina, che onorava il patriarcato. La donna veniva sottovalutata  e tutto andava al maschio, niente le era dovuto.  E poi il tema dei concimi e dei trattamenti chimici, tutto condensato nello specchio romantico di un passato che ancora fa male, quel passato più recente che merita di essere ricordato. Bravi gli attori e non meno i suonatori e i cantanti, i quali  hanno saputo dinamizzare l’alternanza musica – recitativo con una colonna sonora molto evocativa: da Tutto Cambia a la Malcontenta, da Rose Rosse all’ultima, catartica Marina Marina.  L’effetto sul pubblico è stato incredibile:  la naturalezza dello svolgimento, la rapidità e il gran numero di situazioni sono state apprezzate dai tantissimi spettatori presenti. Tante le  risate, qualche sorriso amaro e non pochi momenti di assoluta commozione.  Sicuramente in molti si sono identificati in ciò a cui hanno assistito, del resto è la storia di tante delle nostre nonne. Un copione convincente, messo in scena da una compagnia affiatata, in grado di lavorare in gruppo e  molto brava a  raccontare in perfetta armonia passato e presente! Il copione è stato  il più difficile da portare in scena, senza contare che la pandemia ha posticipato di tre anni l’uscita dello spettacolo. Vivere nell’era post moderna ci da la livellante illusione di essere senza radici, queste però sono ancora ben presenti, basta saperle ricercare, magari assistendo a uno spettacolo della Femia!

Auguriamo alla compagnia ancora qualche decennio di copioni, di  spettacoli e di soddisfazioni, perché la Femia è Vera! Storie di vite vissute e memoria condivisa.

La Compagnia della Femia è composta da: Roberta Mastacchini, Sabrina d’Angelo, Loredana Pinzi, Marzio Mambrini, Gioia Gubernari, Mario Baldoni, Roberta Terrosi, Fabio Sensi, Claudia Maggi, Mirco Fumasoli, Paola Maggi, Andrea Pieri, Ombretta Dibatte, Pina Gubernari, Paolo Santori, Tiziana Pollini, Luca Federici, Giuseppe Pinzi.

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