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L’aggressione fascista a Orbetello: 10 luglio del 1921

La conquista fascista del capoluogo maremmano, avvenuta fra il 29 e il 30 giugno 1921, fu il trampolino di lancio per la definitiva occupazione della provincia. Dopo Grosseto fu la volta di Orbetello: i fascisti vi giunsero in treno il 10 luglio e i reali carabinieri, piuttosto che difendere la porta di accesso al paese, com’era stato loro ordinato, abbandonarono il presidio e si diressero alla stazione, distante alcuni chilometri, con l’illusione, o il pretesto, di dissuadere gli assalitori, ma si trovarono mischiati agli squadristi che poterono tranquillamente entrare e occupare la cittadina[1]. Nei giorni precedenti si erano verificate forti tensioni fra operai e direzione allo stabilimento della Montecatini Colle e Concimi, tanto che il direttore era stato aggredito dagli operai “per cause economiche”. Allo stabilimento lavoravano appena 20 operai a fronte di 290 rimasti senza lavoro e qualche giorno dopo, a seguito della serrata decisa dalla direzione di Milano, tutti i lavoratori erano disoccupati. Questa la situazione quando, il 10 luglio, ben 300 fascisti provenienti da Pisa e Livorno, comandati dall’ex capitano Gino Mazzoni, avevano raggiunto la stazione di Orbetello e da lì, malgrado il presidio dei carabinieri e i rinforzi inviati per ordine di Paolella, ispettore di PS inviato dal Ministero, gli “italianissimi” erano riusciti a entrare in città, esplodendo colpi d’arma da fuoco e dividendosi in squadre, predisposte all’assalto. Fu così devastata la Camera del Lavoro, il locale Circolo Comunista, il caffè e la cantina dell’anarchico Angelini, il caffè Benvenuti e la cantina dell’anarchico Innocenti. Vennero compiute incursioni con danneggiamenti nelle abitazioni del sindaco Alfonso Longobardi, di Armelindo Venturi, dell’assessore Euterpe Botti (la cui casa fu ulteriormente danneggiata nella notte, ma i fascisti si dichiararono estranei a questo fatto). Durante gli scontri, restarono feriti i seguenti antifascisti: il calzolaio Ettore Ercoli, il bracciante Fiorindo Pini, l’operaio Biagio Conforti e il fuochista Silvestro Fancinelli. Poi, alle 17, in piazza del Plebiscito, Castellani, lo squadrista fiorentino responsabile dell’aggressione a Grosseto, tenne un comizio con il quale enunciava il programma fascista, alla presenza di 500 persone. Un paio di ore dopo la maggior parte dei fascisti aveva abbandonato la città, non senza prima aver devastato l’abitazione del capostazione Furbetta, assessore comunale, mentre erano in attesa del treno. Lo stesso 10 luglio fu istituito il Fascio di combattimento di Orbetello, formato da 150 soci e presieduto dal possidente Generoso Pucci[2].

Orbetello. Porta spagnola.

Orbetello, Porta Spagnola

Il giorno successivo, 11 luglio, 6 fascisti partiti da Orbetello con un’autovettura, avevano raggiunto Magliano dove avevano danneggiato la sede socialista asportandone la bandiera. A Orbetello erano rimasti 16 fascisti per sollecitare la costituzione dei fasci a Porto S. Stefano e Porto Ercole. In tutto questo, secondo quanto comunicò il prefetto Boragno al Ministero dell’Interno, la forza pubblica “non poté che limitare notevolmente danni e impedire violenze alle persone […] tranne lievi percosse inflitte pubblica via ad anarchico[3].
Anche l’Ispettore Paolella, almeno inizialmente, era convinto che la forza pubblica poté soltanto limitare le violenze contro gli esponenti più in vista della sinistra orbetellana. L’ispettore comunicò al Ministero che non era stato possibile bloccare i fascisti una volta partiti da Pisa e Livorno alla stazione di Grosseto e che le incursioni in Maremma erano imprevedibili, in quanto formate da elementi provenienti da altre province. Una volta raggiunta la cittadina di Orbetello, agli squadristi si era unito il sottotenente Giacomelli, addetto al servizio casermaggio, e i marinai del campo di aviazione[4].
Giunto nella cittadina lagunare, Paolella indagò su quanto avvenuto giungendo alle conclusioni che i suoi ordini erano stati del tutto disattesi dalle forze dell’ordine. Le istruzioni, infatti, erano quelle di presidiare l’unica porta di accesso alla città, mentre polizia e reali carabinieri, abbandonato il posto, avevano raggiunto la stazione, distante 4 chilometri, con l’intento di convincere i fascisti a manifestare pacificamente: “Carabinieri quindi, rimasero frammischiati fascisti che dovettero seguire per frenarvi irruenza impedendone violenze alle persone e limitando conseguenze danneggiamenti che sono meno gravi di quelle segnalate dal funzionario”. Paolella disapprovava e condannava l’operato del vice Commissario di Orbetello Suriani e del tenente dei carabinieri Giannelli, che “hanno dato evidente prova di insipienza. Il Suriani inadatto direzione ufficio P.S. dovrebbe essere sostituito da esperto Commissario. Provvisoriamente ho inviato altro Vice Commissario P.S. a coadiuvare[5].
La diffusione della notizia, rivelatasi poi infondata, di un’incursione a Orbetello degli Arditi del Popolo provenienti da Roma il giorno 15, mobilitò i fascisti della provincia e del pisano, che poi tornarono indietro la sera stessa e il giorno successivo. Contemporaneamente il fascismo stava mettendo salde radice anche a Porto Santo Stefano, dove in quei giorni si tenne un comizio al quale parteciparono un migliaio di persone.
Intanto erano stati identificati e denunciati all’autorità giudiziaria ben 21 squadristi. La sera del 18 luglio Orbetello fu teatro di nuovi scontri. Dopo alcuni giorni di assenza, erano tornati in città i comunisti Marco Curioni e Ruggero Pirro, che insieme ad altri compagni percorrevano le strade di Orbetello armati di bastoni, insultando e aggredendo i fascisti che incontravano. Fu colpito il fascista Malatesta, in soccorso del quale giunsero le forze dell’ordine, che arrestarono Giovan Battista Carlucci, per aver ferito a una mano con colpo di arma da fuoco il fascista Marcini, e un certo Crociani, trovato in possesso di un coltello. La forza pubblica in questa circostanza intervenne con decisione, disperdendo i “sovversivi” e perquisendo varie abitazioni. In questo frangente fu scagliato un coltello contro i militari da una finestra non individuata[6]. Marco Curioni e Ruggero Pirro, come vedremo, pagheranno con la vita la loro tenace opposizione al fascismo.

I fratelli Marco e Ettore Curioni

Ettore Curioni

Ettore Curioni

Marco Curioni

Marco Curioni


Marco Curioni era nato a Orbetello nel 1891. Aveva partecipato alla Grande Guerra e, secondo le testimonianze dei familiari, era stato insignito di medaglia d’argento al Valor Militare, come il fratello Ettore, di due anni più grande. Secondo quanto riporta Aristeo Banchi “Ganna”, “il 12 marzo a Orbetello un gruppo di fascisti penetra in casa del comunista Marco Curioni, un bracciante di 31 anni: con lui si trovano la sua compagna e il loro bambino, Curioni cerca di fuggire nel cortile sottostante, gli italianissimi gli sparano, morirà in ospedale il giorno seguente. Tra gli schiavisti c’è anche Desiderio Orsini […][7]. L’Onorevole Merloni, dal canto suo, stigmatizzava la situazione venutasi a creare a Orbetello dove, dopo l’incursione di luglio, “[…] le violenze non si contano più. A Orbetello questa situazione è durata lunghissimo tempo. E tutto questo per opera di pochi violenti, di Orbetello e di fuori, raccolti colà al solo scopo di minacciare, aggredire ed esercitare vendette. E da quando io ho presentato questa interrogazione, la situazione ha dato purtroppo i suoi frutti, con l’assassinio dell’operaio Marco Curioni. Quel giorno, dopo aver minacciato e bastonato, vollero la vittima da tempo designata e uccisero in circostanze le più brutali e spietate, questo sovversivo che aveva avuto il torto, nel luglio, quando l’invasione si abbatté anche su Orbetello, di essere alla testa dei pochi che tentarono di resistere e di avere poi ancora contrastato il dominio della prepotenza e della violenza. Perciò il povero Curioni fu designato alla vendetta, e soppresso in modo così drammatico e infame[8].
La versione della morte di Marco Curioni da parte della famiglia è differente da quanto riportato da Aristeo Banchi. Curioni sarebbe stato catturato dai fascisti fuori casa, in prossimità della laguna il 13 marzo 1922, mentre stava raggiungendo Ansedonia, dove erano nascosti degli anarchici a cui portava regolarmente notizie e vettovaglie. Gli squadristi gli fecero attraversare il corso più volte, picchiandolo selvaggiamente, affinché tutti vedessero, per poi linciarlo definitivamente in un luogo più appartato. Non sarebbe stato l’unica vittima della famiglia, come racconta Bruna Curioni, della classe 1945, a cui dobbiamo queste testimonianze rilasciate, su nostra richiesta al professor Livio Bruni. Infatti Ettore, fratello di Marco, molto meno politicizzato, cercò di avere giustizia per il fratello assassinato, ma pagherà a caro prezzo la sua ostinata volontà di perseguire gli assassini: l’8 dicembre del 1923 venne ucciso con un colpo d’arma da fuoco mentre si trovava in una piccola imbarcazione sul lago di Burano, assieme al cognato Angelo Velasco. I fascisti diffusero la voce che si fosse trattato di un incidente di caccia. Ettore Curioni non morì sul colpo, ma fu portato in ospedale, dove sembra non ricevette le cure necessarie in quanto antifascista. Sua moglie, Alfa Velasco, ha provato a ottenere giustizia con 3 processi, senza alcun risultato. La signora Alfa Velasco è morta nel 1972 e in quell’occasione i parenti hanno pensato di esumare i resti di Ettore per seppellirlo insieme alla moglie. All’apertura del feretro si sono trovati davanti una scena agghiacciante: erano presenti i resti del corpo a eccezione della testa, che evidentemente gli era stata tagliata prima di seppellirlo. Dunque, nel 1972, si ebbe la conferma che anche Ettore Curioni era stato assassinato, che quelli che erano sospetti trovavano adesso una conferma e per questo fu immediatamente aperta un’inchiesta dal Questore[9].

 

Ruggero Pirro
Il cosiddetto “biennio nero”, 1921-1922, si era aperto in Maremma con la fondazione del primo fascio di combattimento, a Ravi, ad opera del capitano Umberto Maino, precisamente il 5 gennaio del 1921[10]. Da allora le violenze dei fascisti, iniziate in verità già nel 1920, si moltiplicarono anche in provincia di Grosseto, con la conquista del capoluogo a fine giugno, con la successiva incursione a Orbetello, per certi aspetti un copione di quanto avvenuto a Grosseto e, a fine luglio, a Roccastrada, teatro di una strage efferata. Questi gli episodi più conosciuti, senza dimenticare le violenze nel nord della provincia, ad esempio, dove operarono le squadre del follonichese Silverio Zanetti, che Aristeo Banchi “Ganna” definisce famigerato, oppure a sud, dove per conquistare la Val di Fiora fu inviato da Firenze l’esperto picchiatore Arturo Romboli, nativo di Pontassieve.
Fra le vittime di quel drammatico 1921 ricordiamo anche il comunista Ruggero Pirro, o Piro, come riportano certi documenti, nativo di Orbetello, che abbiamo visto in prima linea con Marco Curioni a contrastare le prepotenze degli squadristi, che ovunque potevano contare su connivenze e impunità. Scrive “Ganna”: “La violenza nera comunque non si arresta: il 23 ottobre a Magliano un comunista, Ruggero Piro, viene ucciso dagli italianissimi[11]. L’omicidio di Pirro e la situazione di Magliano in Toscana è così descritta in un telegramma “riservatissimo” del Capo gabinetto Savini della Prefettura di Grosseto: “Non meno preoccupante viene prospettata situazione ordine pubblico Magliano Toscana, dove 23 scorso mese sarebbe caduto vittima tal Ruggero Pirro, della cui uccisione sarebbero designati come principali responsabili S.C., G.T. e P.G.”. Anche in questa circostanza si rimarcava la partigianeria del comandante dei reali carabinieri, rilevando che ben poco era stato fatto per disarmare i cittadini, dal momento che erano noti a tutti almeno 3 depositi di armi nascosti in esercizi privati[12]. Ma chi era Ruggero Pirro e perché fosse stato assassinato ce lo riferisce l’Onorevole Merloni in uno dei suoi memorabili interventi alla Camera dei Deputati. Pirro era un pluridecorato della Grande Guerra, “con 4 o 5 medaglie al valore e che, analfabeta, era stato nondimeno promosso aiutante di battaglia […] un animo libero e fiero che all’indomani della invasione di Orbetello non seppe rassegnarsi alla schiavitù […] non volendo sopportare la sorte che subiva la propria città […] solo, insieme con un altro animoso […] Marco Curioni, pure di Orbetello, affrontava, armato non d’altro che di bastone, un gruppo di fascisti che con la violenza protetta colla forza pubblica dominavano la città”. Ruggero Pirro era stato ucciso per aver preso le difese di un giovane repubblicano massacrato di botte dai fascisti. Gli avevano sparato colpendolo a un fianco e tale ferita avrebbe provocato, poco dopo, la morte. L’On. Merloni accusava poi il comandante dei RR.CC. di Magliano che, pur sapendo chi fossero i responsabili “i cui nomi corrono a Magliano sulla bocca di tutti” aveva addirittura fatto arrestare il giovane repubblicano difeso da Pirro. Ciò avveniva in un paese dove “per il ferimento di un carabiniere, sono in carcere, onorevole sottosegretario per la giustizia ben 16 lavoratori; e sono ancora in carcere dal febbraio del 1921, cioè da 14 o 15 mesi, senza che si trovi ancora il tempo di chiudere il processo![13]”.
Nel suo “All’armi siam ridicoli. Fascisti a Magliano”, edito da Stampa Alternativa, “Strade Bianche”, Guido Gianni, intellettuale maremmano e sindaco di Magliano in Toscana dal febbraio del 1965 all’agosto del 1967, riporta un fatto di cui fu testimone, cioè il bombardamento alleato al momento del passaggio del fronte dell’ultima guerra: “Un pomeriggio, con le avanguardie nemiche a vista d’occhio nella pianura, all’improvviso si avventarono sulle nostre case due velivoli che picchiarono appaiati, sganciando due bombe una delle quali sorvolò il paese e l’altra centrò in pieno la piazzetta di San Martino, sfondò il tetto, il muro della fattoria Vivarelli e scoppiò nel chiuso delle case. Il polverone si allargò per la strada […]. Chi scrive corse sul posto e sotto il tritume delle macerie apparve il corpo dilaniato, sanguinolento, che lo spostamento d’aria aveva sbattuto contro il muro imbrattato di pelle rossastra. […] Un uomo circospetto soffiò: “E’ morto nello stesso punto dove nel ’21 uccise Ruggero con una rivoltellata[14]”.

Franco Dominici

NOTE

[1]   H. Corsi, La lotta politica in Maremma, cit., pp. 137-138.

[2] Archivio di Stato di Grosseto, Questura, Busta 501, fascio di combattimento di Orbetello.

[3] Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, DGPS, busta 98, telegramma del prefetto Boragno n. 24772 del 4/7/1921; n. 25545 del 10/7/1921; n. 25574 del 10/7/1921; n. 25700 dell’11/7/1921. Telegramma dell’Ispettore Paolella n. 24769 del 4/7/1921.

[4] Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, DGPS, busta 98, telegramma dell’Ispettore Paolella n. 25634 dell’11/7/1921.

[5] Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, DGPS, busta 98, telegramma dell’Ispettore Paolella n. 26000 del 13/7/1921.

[6] Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, DGPS, busta 98, telegramma del prefetto Boragno n. 26517 del 18/7/1921.

[7] Aristeo Banchi (GANNA), Si va pel mondo. Il Partito comunista a Grosseto dalle origini al 1944, a cura di Fausto Bucci e Rodolfo Bugiani. Collaborazione di Claudio Carboncini, Effigi, Arcidosso 2014, pag. 31.

[8] Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, Legislatura XXVI, 1° Sessione – Discussioni 2° Tornata del 6 maggio 1922, intervento dell’On. Merloni. In un’interrogazione parlamentare del 22 marzo 1922 gli Onorevoli Merloni e Cavina chiedono che si faccia luce “sulla barbara uccisione di Marco Curioni, mutilato di guerra, avvenuta in Orbetello la sera del 12 marzo, mentre trovavasi nel seno della propria famiglia”.

[9] Testimonianza di Bruna Curioni, nipote di Ettore, classe 1945. Il padre di Bruna si chiamava Marco, come lo zio, e secondo le testimonianze, pare abbia subito un attentato negli ultimi anni del fascismo in prossimità della Barca del Grazi.

[10] Archivio di Stato di Grosseto, Questura, Busta 501, fascio di combattimento di Ravi. Altrove è riportato che la costituzione del fascio sia a novembre del 1920, ma la data di gennaio è, a mio avviso, più attendibile.

[11] Ariste Banchi “Ganna”, Si va pel mondo, cit. pag. 27.

[12] Archivio Centrale dello Stato, DGPS 1921, busta 99, telegramma “Riservatissimo” n. 26763 della Prefettura di Grosseto del 1/11/1921, del Capo Gabinetto Savini.

[13] Camera dei Deputati, Atti Parlamentari, Legislatura XXVI, 1° Sessione – Discussioni  Tornata del 9 maggio 1922, intervento dell’On. Merloni.

[14] Guido Gianni,  All’armi siam ridicoli. Fascisti a Magliano, Stampa Alternativa, Roma 2007, pp. 86-87.