Per oltre mezzo secolo le meraviglie naturalistiche delle colline del Fiora sono state utilizzate come set cinematografici per film e serie televisive di ogni genere e qualità. Vuoi per la vicinanza dalla fabbrica dei sogni di Cinecittà, vuoi per la quantità di scenari offerti, l’alto viterbese e la Maremma collinare continuano ancora oggi ad attirare numerose produzione italiane e internazionali.
Paolini, Zeffirelli, Welles e Fellini sono solo alcuni dei cineasti che hanno saputo intuire le potenzialità estetiche offerte dalla costa d’Argento, dalle piazze e dai monumenti di Viterbo e di Tuscania, da Civita e la valle dei Calanchi o dai boschi Cimini. Ma altrettanto visibile sul grande schermo è la vasta area compresa tra il lago di Bolsena e la selva del Lamone, tra il fiume Fiora e le città del Tufo Pitigliano e Sovana. È del 1950 il primo film ambientato nell’antica cittadina, Francesco Giullare di Dio di Roberto Rossellini. Un capolavoro che il regista ha ambientato a Sovana e per gran parte nella campagna in provincia di Viterbo, un vasto set che anni dopo sfrutta anche Franco Zeffirelli in Fratello Sole Sorella Luna. Probabilmente in zona lo scenario più celebre è rappresentato dal celebre ponte dell’Abbadia a Vulci, dove in tanti sono passati, da Paul Morrissey a Mickey Rourke, da Gasmann a Abatantuono. Altrettanto apprezzato è il laghetto del Pelicone, all’interno del parco vulcente, dove due strepitosi Troisi e Benigni, in Non ci resta che piangere, danno lezioni di ingegneria a un curioso Leonardo da Vinci. Qualche anno più tardi Marco Bellocchio ne sfrutta le atmosfere sognanti per il film La visione del Sabba, mentre nel 1997, in Tre uomini e una gamba, sono Aldo Giovanni e Giacomo a concedersi una divertente esibizione di nuoto sincronizzato nelle acque del Pelicone. Una interessante panoramica cinematografica dell’Etruria viterbese è condensata ne L’armata Brancaleone, capolavoro assoluto di Mario Monicelli. Il film ritrae un indimenticabile Vittorio Gassman, eroe a capo di un manipolo scalcinato che compie le sue imprese sui sentieri di una Tuscia dai sapori medievali. Raggiunto il sospirato feudo di “Eurocastro”, l’occhio della macchina da presa mostra la cornice del lago di Bolsena, sulle cui acque si innalzano Capodimonte e l’isola Bisentina. Altre scene del film, girato nel 1966, mostrano il convento di S. Francesco a Canino, la fonte Lontana nei pressi di Piansano e la cava di terra rossa di Valentano, borgo farnesiano dove nove anni prima Monicelli aveva ambientato un altro suo lungometraggio: Il Medico e lo Stregone. Un film di minore risonanza ma che dipinge un interessante affresco dell’Italia nel secondo dopoguerra, interpretato da attori del calibro di Marcello Mastroianni, Vittorio De Sica e Alberto Sordi. Nel 1972 l’Italia intera si commuove nel vedere la serie televisiva tratta dal Pinocchio di Collodi. L’opera si discosta dai ritmi sognanti del testo letterario, trasformata da Comencini in uno specchio di critica sociale, perfettamente rappresentato dalla Tuscia maremmana, terra che il regista non a caso sceglie per raccontare scene di miseria e di buoni valori. Buona parte del film è stata girata tra Farnese e Ischia di Castro, per poi spostarsi alle Saline, verso Tarquinia. Ancora oggi il film è ben radicato nell’immaginario collettivo, e in molti ancora sorridono nel rivedere il “Geppetto Manfredi”, sulle note sognanti di Fiorenzo Carpi, inseguire continuamente da del Voltone, fino al ponte di S.Pietro sul fiume Fiora. Il film che meglio ritrae il volto e l’anima dell’Alta Tuscia è certamente Tiburzi, girato nel 1996, ad un secolo di distanza dalla morte del brigante che tanto ha reso celebre questa terra. Il film di Benvenuti racconta con fedeltà le gesta e gli ultimi giorni del più emblematico personaggio che la Tuscia ricordi. Mentre Silvana Pampanini canta le note di Maremma Amara, a far da sfondo sono proprio quei luoghi percorsi da “Domenichino”: dal Fiora alla Selva del Lamone, dalla Roccaccia di Montauto al ponte dell’Abbadia, dalla Via Cava di Castro agli eremi di Poggio Conte e di Chiusa del Vescovo, dal lago di Mezzano al fiume Olpeta, fino all’ultima notte alle Forane, nei pressi di Capalbio. Rivedere questi luoghi al cinema infonde un misto tra meraviglia per gli occhi e quel senso di amarezza necessario nel ricordare un periodo oscuro della nostra storia locale. Le location del film ancora oggi, in un silenzio quasi religioso paiono perpetrare il ricordo del re della Maremma. 1983, pendici del Monte Amiata, si assiste alla chiusura delle miniere di mercurio e al progetto di riconversione industriale dell’area. Quando il regista Luigi Monardo Faccini arriva in zona si trova di fronte una terra sconvolta da numerosi problemi sociali: abbandono della terra, spopolamento massiccio e un tentativo di industrializzazione fallito. Egli decide di raccontare questo scenario in un piccolo capolavoro per molti sconosciuto: L’Amiata è anche un Fiume. Simile a un film western, un errare tra le strade bianche attraverso le colline del Fiora, fino alla fiera del bestiame della Sforzesca. In un misto tra documentario e racconto nostalgico, questo film racconta il punto di vista degli indigeni e dei forestieri, tra chi se ne è andato e chi ha scelto di venirvi a vivere. Nel 2008 gira il Pane della Memoria, racconto di Elena Servi, ultima ebrea di Pitigliano e di una comunità che non esiste più. Ma Luigi Faccini e Marina Piperno trent’anni dopo, nel 2013, hanno ripreso il tema del rapporto tra locali e foresti in Maremma, realizzando un altro film documentario: C’è Oro in Toscana. Un lungometraggio girato con la camera a spalla, alla maniera dei video maker d’assalto, il quale mostra una terra che negli ultimi anni ha subito sempre più ingiustizie e mutilazioni, ma che ancora crede nel futuro. Nel 1988 Daniele Luchetti gira Domani Accadrà, un film che racconta una realtà ottocentesca in Maremma (vedi scheda). 2014, la Maremma di Alice Rohrwacher vince a Cannes dopo 12 minuti di applausi. Nel film le Meraviglie la regista racconta quella poesia che è la vita, sussurrata da quei tanti che negli anni ottanta sono arrivati in Maremma ad abitare casolari fatiscenti, improvvisandosi agricoltori senza radici né memoria. Ma le Meraviglie sono da ricercare anche nelle atmosfere sognanti e nella bellezza dei luoghi presenti nel film: la tomba Ildebranda a Sovana, la Balena Bianca nelle terme di Bagni san Filippo, l’isola Bisentina e il lago di Bolsena, Vitozza a San Quirico e la campagna Maremmana, sempre uguale, sempre diversa. L’ultimo film di alto livello girato nelle colline del Fiora è il Racconto dei Racconti di Matteo Garrone, liberamente ispirato a tre delle cinquanta novelle contenute ne lo Conto de li Conti, dell’autore seicentesco Giambattista Vico. In concorso a Cannes, il film è stato quasi del tutto girato in Italia, in particolare nelle vie Cave di Sovana e Sorano, nel dantesco bosco del Sasseto di Acquapendente e nella cornice universale di Civita di Bagnoregio. Molti altri sono gli scorci e i paesaggi dell’Alta Tuscia e della Maremma collinare esportati nei cinema di tutto il mondo, spesso inconsapevolmente, così come in tanti negli anni si sono improvvisati attori. Scelti nei bar o per le strade, hanno svolto il ruolo di comparse, e molti di loro ancora oggi possono riconoscersi in sequenze che hanno fatto la storia del cinema.
Domani accadrà
Italia 1988, un film di Daniele Luchetti
Cast: Paolo Hendel, Angela Finocchiaro Giovanni Giudelli, Ciccio Ingrassia, Ugo Gregoretti, Dario Cantarelli, Agnese Nano, Margherita Buy.
Sceneggiatura: F. Bernini, D. Luchetti, C. Mazzacurati, A. Pasquini, S. Petraglia.
Produzione: Nanni Moretti, Angelo Barbagallo
Musiche: N. Piovani
Fotografia: F. Di Giacomo
Montaggio: A. Nicolini
Trama: 1848, Toscana. Due Butteri maremmani, Lupo e Edo, commettono una goffa rapina nei confronti del contabile della tenuta in cui lavorano e subito si danno alla fuga, inseguiti da un gruppo di mercenari disertori dell’esercito asburgico. In realtà rubano solo pochi spiccioli, ma il furbo contabile intascato il grosso della somma, accusa i due fuggiaschi dell’intero furto. Durante il loro esodo verso il nord, i due butteri si perdono per le Vie Cave e vengono catturati dalla banda del terribile brigante Gianloreto Bonacci, che ha il proprio nascondiglio nella Tomba Ildebranda a Sovana. Lupo ed Edo vengono costretti a far parte della banda, ma fortunatamente ben presto la banda viene attaccata dai mercenari e i due riescono a fuggire. Il film, opera prima di Daniele Luchetti (David di Donatello 1988 miglior regista esordiente) si divide in cinque capitoli. È un’opera insolita e fuori dagli schemi, parte come un film in costume e man mano si trasforma in un viaggio di conoscenza, dove i due protagonisti incontrano molti personaggi particolari, che cambieranno il loro modo di vedere la vita e il mondo, in particolare il marchese Lucifero Ombraviva e il precettore Flambert, due tardo-illuministi. Costoro, per un esperimento sulla natura dell’uomo, ispirato alla filosofia del ‘700, fanno una scommessa fra di loro, e il precettore si impegna a trasformare in un mese Edo (che per lui è il prototipo del “buon selvaggio”) in un signore colto e ben educato, mentre Lupo verrà lasciato isolato alla sua vita selvatica.
Location: Il film è stato girato principalmente all’interno del Parco naturale della Maremma, nei dintorni di Alberese. Le scene con il brigante Gianloreto sono state girate nelle vie Cave e nella necropoli di Sovana, con la principale Tomba Ildebranda utilizzata come il covo dei briganti. L’episodio con il marchese Ombraviva e l’abate Flambart è stato invece girato a Capalbio, presso la Torre di Buranaccio.
Luca Federici