I libri Effigi su Manciano, Pitigliano, Sorano.

La Maremma dice NO agli impianti Eolici Industriali

Non ci sono ragioni per inserire i mega impianti di Fer industriali in Tuscia e in Maremma. 
Il paradosso delle energie rinnovabili è che per salvare l’ambiente, distruggono l’ambiente

Siamo a pochi giorni dalla votazione della legge regionale sulle Aree Idonee in Toscana. Il consiglio regionale  sta per  esprimersi  su una legge che di fatto rischia di devastare interi territori, in particolare la Maremma. Il sud della Toscana, così come la Val di Cornia e il Mugello sono state prese di mira dalle multinazionali energetiche.  Presentati centinaia di progetti di impianti eolici, fotovoltaici e agrivoltaici industriali, oltre alla spinta per  l’incremento del Geotermico sull’Amiata. In questi giorni in molti stanno dichiarando a gran voce la contrarietà alla minaccia degli impianti FER industriali, tra i quali gran parte dei sindaci della provincia di Grosseto, a partire da Anton Francesco Vivarelli Colonna. E poi associazioni di settore, come CONFAGRICOLTURA. Persino alcuni parlamentari hanno denunciato la questione.

Nella confinante regione Lazio da parte della politica sembra delinearsi un maggiore atteggiamento di difesa del territorio. Giovedì 30 gennaio  si  è tenuto un importante convegno a Ischia di Castro:  “Eolico Industriale e Speculazione nella Tuscia”. In questo contesto politica regionale e provinciale, sindaci, comitati e cittadini hanno dichiarato congiuntamente e  a gran voce la saturazione della Tuscia (la quale detiene il 78% di impianti FER  del Lazio). In Toscana invece si continua a seguire la strada dei 4.2 GW  da raggiungere a tutti i costi entro il 2030, senza se e senza ma.  E’ nata la Coalizione interregionale TESS (Transizione Energetica senza Speculazione), che riunisce  più di 80 tra comitati e associazione del Centro Italia, e in generale dal basso sembra esserci sempre più consapevolezza sui rischi determinati  dall’inserimento di  impianti FER industriali in territori a vocazione agricola e turistica.

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Da una parte i vertici di alcune grandi associazioni ambientaliste che giustificano l’introduzione dei grandi impianti, dall’altra sindaci, comitati e associazioni, che continuano a difendere il territorio e ad opporsi ad opere così impattanti.  Recentemente i giornali hanno parlato di un presunto scandalo che avrebbe coinvolto l’ex Commissario europeo Timmermas. Secondo quanto riportato sarebbe stato accusato  di aver destinato almeno un miliardo di euro (fonte ANSA)  al finanziamento di lobby green e di alcune associazioni ambientaliste (soldi in realtà destinati come sussidi per il clima e l’ambiente).

La Toscana sarà una regione virtuosa nella transizione green, perché la Toscana è la terra più bella del mondo”.. Queste le parole dell’assessora  Monia Monni intervenuta all’incontro dello scorso gennaio a Firenze.  Un convegno dove le così dette  “Eco Lobby” hanno chiesto alla regione Toscana ancora più coraggio per non fare della transizione energetica un’occasione persa.

Ebbene come più volte ribadito da molti, questa sembra  un’altra occasione persa per usare la logica e per non fare le cose contro la tutela del Patrimonio culturale, paesaggistico, naturalistico e delle tradizioni agroalimetari. Se verrà approvata la legge regionale sulle aree idonee come proposta dalla Monni e dalla sua maggioranza, sarà sicuramente un’occasione per pochi di realizzare una grande “transazione energetica”,  anziché una transizione energetica, equilibrata e  al servizio del clima e dei territori.

Non ci sono valenze scientifiche che confermino che il vento c’è di più in Maremma e in Val di Cornia. Eppure questo ha detto l’assessora  Monni.

Ed ecco che la Regione nella bozza di legge   ha definito le percentuali di aree idonee ai singoli comuni, sulla base dell’estensione territoriale, e non sulla popolazione. Grandi impianti decentrati dalle aree metropolitane, dove invece vi è maggiore richiesta di energia. Enormi cavidotti  che per altro causerebbero enormi dispersioni dell’energia prodotta dagli impianti, scavati in aree a rischio idrogeolico.

Nei mesi passati il presidente Eugenio Giani ha pubblicamente dichiarato che non avrebbe permesso l’invasione dell’Eolico industriale in Maremma, eppure ad oggi la situazione si fa preoccupante.

Insomma per il mega  eolico pare non ci sia discussione, si va avanti con i progetti presentati nei mesi scorsi. Fortunatamente il MASE ha recentemente bocciato il progetto eolico “Montauto”, tra i comuni di Manciano e di Montalto di Castro. Una notizia che quantomeno fa ben sperare per la sorte degli altri impianti tra Alta Tuscia e Bassa Maremma.

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Mappa elaborata dall’associazione Amici della Terra

Qui è importante fermarsi un attimo e riflettere: che logica c’è in tutto questo? All’improvviso, un anno fa, partiva una folle corsa da parte di sedicenti ditte energetiche che si affrettavano  a presentare al Mase progetti mastodontici di impianti eolici in Maremma..  Una cinquantina  di pale nei soli territori di Pitigliano e Sorano, alte 200 metri  e larghe 170. Centinaia e oltre se vengono cumulate con quelle proposte su Manciano, Scansano, Magliano in Toscana,  in tutta l’Alta Tuscia e nell’Orvietano.  A questo punto verrebbe da dire: ma  come possono  la Maremma collinare e l’Alto Lazio essere considerate aree idonee per ospitare degli impianti di una simile portata?.   Non ci sono strade  che possano permettere il passaggio di enormi camion.  Strade secondarie per l’appunto, strette, tortuose, con i ponti che cedono se passa un solo  trasporto eccezionale, e  la Cassia chiusa un anno si e quell’altro pure.  Poi il vento è come dalle altre parti, come in Val d’Orcia, così come a Firenze.  La Monni la spara così, senza basi scientifiche. Sarà forse che a Montalto di Castro è stato previsto il passaggio di un enorme  cavidotto sottomarino che dalla Sardegna raggiungerà la costa tirrenica per poi risalire fino in Lombardia? Linea Montalto – Milano la chiamano! Leggendo sul sito web dell’Ente Terna si evince che l’opera dovrebbe servire in primis i giochi olimpici di Milano Cortina, e in generale il nord Italia.

Quindi sembrerebbe già tutto deciso, la vicinanza dai cavidotti permette di allacciarsi rapidamente alla rete, a scapito dei territori, che da questi giochi non trarrebbero  nulla, men che mai la corrente prodotta dagli impianti, essa infatti verrebbe subito dirottata sull’alta tensione, altro che sconti in bolletta!. Un altro cavidotto dalla Sardegna dovrà passare per la Corsica e raggiungere la Val di Cornia.

Comunque tra Tuscia, Maremma e Orvietano si  creerebbe perfettamente  il presupposto per l’effetto “Foresta di pale”. Praticamente lo scenario che si sta aprendo è quello di un abnorme hub industriale, qualcosa di inimmaginabile. Si parla di centinaia di pale eoliche con un gigantismo medio di 200 metri x 160 (il campanile di Orvieto, una delle più mastodontiche opere del centro Italia misura appena 50 metri. La stessa Regione Toscana, che avalla questi modelli di produzione energetica, in maniera contraddittoria, promuove contemporaneamente una visione di vocazione territoriale e di turismo sostenibile, praticamente un Paradosso.

In sostanza,  tutti i buoni sentimenti paventati candidamente dall’assessora  Monni  nella  sostanza si riducono a una profonda ingerenza nei confronti di territori, che se andiamo a guardare rappresentano perfetti esempi di aree  NON  idonee. Forse l’assessora dovrebbe venire in visita nei comuni di Pitigliano, Sorano e Manciano, e vedere se riesce a immaginarsi simili impianti qui collocati. Poi c’è l’aggravante dell’inutilità: nelle documentazioni progettuali le proponenti asseriscono che in base alla ventosità media potrebbero girare intorno ai 100 giorni annui (cifra molto generosa). Dunque questi eco mostri, che oscurerebbero il sole stesso, in gran parte dell’anno starebbero  ferme (oltre il danno la beffa).

Come già detto i vertici di alcune delle principali associazioni ambientaliste chiedono ancora più coraggio alla regione nel definire le aree idonee, mentre sindaci cittadini e territori non possono  che vedere  il rischio speculativo della questione.

Non c’è motivo per dover accettare impianti industriali eolici e fotovoltaici in Maremma. La provincia di  Grosseto, al pari di quella di Viterbo nel Lazio, ha contribuito tantissimo agli obiettivi della transizione energetica. Le domande di allaccio alla rete elettrica per gli impianti FER industriali superano almeno di 5 volte gli obiettivi dell’agenda 2030, sono in fase di avanzamento enormi impianti eolici in mare (off- shore). Quindi a cosa servirebbe devastare un intero territorio con questi  eco mostri? A chi gioverebbero? Di certo sul  territorio a nessuno. Salverebbero il pianeta? Neanche un po’..  L’Europa produce una quantità minima di emissioni di anidride carbonica che si ritiene alterare il clima, l’8% a livello globale e l’Italia soltanto lo 0,7%. A chi serve questa corsa all’impazzata se poi Stati come gli Usa, Russia, Cina, India e Arabia Saudita, responsabili del grosso delle emissioni fanno orecchie da mercante? Le alternative per produrre energia rinnovabile ci sono, ma non vengono mai prese in considerazione. Il modus operandi nel collocare gli impianti FER non privilegia le linee-guida predisposte dal ministero, secondo le quali andrebbe data priorità a zone industriali, tetti,  parcheggi, discariche, cave dismesse, linee ferroviarie ed autostradali,  infrastrutture pubbliche.

Una cosa è certa:  i comuni,  le aziende,  i comitati, la popolazione saranno disponibili a partecipare attivamente alla transizione energetica, pianificando il territorio, offrendo i propri tetti per i pannelli fotovoltaici e per il micro eolico. Saranno tutti disponibili per costituirsi come comunità energetiche (il solo sistema sostenibile per scampare a questo disastro).  Ma è inammissibile che un luogo incredibilmente bello, carico di storia, con un’identità forte e indomabile, con delle politiche attuate negli ultimi decenni e radiosi progetti per il futuro venga letteralmente  spazzato via da progetti  così scellerati. La Maremma non vuole i mega impianti eolici. La Maremma già  detiene  e non si oppone alle  energie rinnovabili, ma non quelle insostenibili e senza pianificazione, ma soprattutto dice NO alla speculazione..

Secondo uno studio del 2023 di ENEA, agenzia nazionale per lo sviluppo delle energie rinnovabili, gli obiettivi per il 2030 del consumo di energia elettrica per le abitazioni, che ammonta al 30% del fabbisogno nazionale, si può raggiungere coprendo la superficie dei tetti, stimata in 450 km quadrati, quindi senza consumo di suolo. Come raccomandato da ISPRA e anche dal PNRR, è stato definito il 2050 come data ultima per portare il consumo di suolo a quota zero. Quindi è possibile perseguire una transizione energetica senza farla diventare una transazione, senza danneggiare ecosistemi, paesaggi, turismo, agricoltura, oltre alla salute dei cittadini. Si può fare con una mirata legge regionale che pianifichi il territorio, in funzione degli interessi collettivi e non di quelli delle Multinazionali straniere e industriali del settore.

Luca Federici, Presidente Comitato Ambiente e Salute Tuscia

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