Alla scoperta del caseificio agricolo Radichino, attraverso le parole di uno dei proprietari Tonino Pira. Una storia che parte dagli anni ’50 e dalla Sardegna e diventa un successo nella zona della Tuscia.
Voi siete originari della Sardegna, da quanto tempo avete l’azienda qui nella zona?
Mio padre arrivò qui dalla Sardegna negli anni ’50, più precisamente nel 1956. Arrivò con il vaporetto portandosi cavalli, pecore e una vacca. Passava da queste parti (Ischia di castro) per la transumanza e poi pian piano ha fatto arrivare tutta la famiglia. La mamma è arrivata dopo il loro matrimonio.
E l’azienda poi come è nata?
Mio padre si era molto legato al proprietario di questa terra, che era di Roma. Questo uomo si era affezionato, così aveva promesso al babbo che una volta interrotta la sua attività lo avrebbe aiutato a comprarla. E così è stato.
Il nome dunque è una dedica a questo signore?Radichino era il suo soprannome e così abbiamo scelto di lasciare una dedica.
E i primi passi quali sono stati?
Nostro babbo aveva portato con sé tutte le conoscenze della tradizione casearia sarda e così pian piano ha insegnato il mestiere a tutti. Prima a nostra mamma e poi a noi figli. Lui aveva ripreso la lavorazione del Pecorino romano, come già faceva in Sardegna. Poi pian piano ci siamo allargati con il territorio e con le pecore.
Siete una azienda attenta al prodotto di qualità e avete anche delle importanti certificazioni.
Si, abbiamo la Dop Toscana e la certificazione BioAgricert – per la produzione dei prodotti biologici -. Inoltre mi fa piacere ricordare che collaboriamo con il Caseificio di Manciano al quale diamo una parte del nostro latte ed è importante perché questa collaborazione si basa proprio sulla qualità del prodotto.
Il prodotto di qualità ovviamente parte dall’alimentazione degli animali. Siete attenti a tutte le fasi della produzione.
Certo. I nostri animali seguono una alimentazione giusta e biologica, è importante alimentarli bene. Inoltre è importante anche il fatto che vivono allo stato brado. Noi poi lavoriamo il latte e diamo vita a formaggi sia di pecora che di capra.
E per quanto riguarda la crisi o la difficoltà in tanti settori, voi avete avuto cali?
Non abbiamo avuto difficoltà. Basti pensare che abbiamo undici dipendenti. Importante è stato diversificare l’azienda e occuparci di cose diverse: il latte e la sua lavorazione, produzione di agnelli, il formaggio, la ristorazione, abbiamo anche 100 maiali e dei capretti.
E avete anche altri segreti per far funzionare l’azienda così bene?
Credo che il contatto con le persone sia fondamentale. È la nostra forza. Solo il 10 maggio scorso abbiamo organizzato la festa dei ristoranti con i quali collaboriamo e avevamo ben 90 chef, 350 persone come ospiti. E poi il fatto di avere una azienda tutta ben raccolta ci consente sempre di mostrarla nella sua interezza.
Fate anche delle iniziative didattiche con le scuole…
Si. Abbiamo avuto delle gite di bambini, ai quali facciamo fare il giro dell’azienda e mostriamo come si lavora il latte e come si ricava il formaggio. È molto bello vedere come loro rimangano stupiti ed emozionati dal vedere tutte le procedure. In verità anche gli adulti rimangono sempre estasiati di fronte alla lavorazione del latte.
È una grande passione…
La trasformazione del latte in formaggio è una delle cose più belle al mondo. Un miracolo. Sembra di tirare fuori l’anima del latte. Anche se lo lavoro ogni giorno per me è sempre una magia. La natura riesce sempre a stravolgerci.