L’area che si innalza attorno al bacino circolare del lago di Mezzano è situata a confine tra Lazio e Toscana, dove la Selva del Lamone si affaccia sulla Caldera di Latera. Un’oasi silenziosa di raro splendore, che racchiude numerose specie animali e vegetali (tra cui un esemplare di Roverella plurisecolare). Una terra affascinante, da sempre sfruttata dall’uomo, grazie alla cospicua presenza di boschi, sorgenti e numerose risorse minerarie, anche se mai troppo abitata, per via della presenza di alcune esalazioni solfidriche. Abbastanza distante dai vari centri abitati presenti in zona, e per questo anticamente considerata come un’importante area sacra, dall’età del bronzo fino alla romanizzazione dell’Etruria. Plinio, Vitruvio e Seneca descrivono il cono lacustre di Mezzano, denominandolo “Lacus Statoniensis”. Dai resti del villaggio palafitticolo sommerso dalle acque del lago, oltre al ritrovamento di molti oggetti quotidiani sono stati riportati in superficie numerosi reperti ad uso sacrale: spade, fibule e asce votive, le quali escludono una presenza accidentale, confermando la sacralità dell’area. I reperti sono conservati nel museo della preistoria di Valentano. Già da allora l’area alle porte della valle del Fiora veniva considerata terra di confine, in quanto situata tra le lucumonie (le regioni o città stato etrusche) di Vulci, Chiusi, Volsinii (Bolsena) e Tarquinia, le quali si affacciavano sul “Lacus Nostrum” di Bolsena. Tra il lago di Mezzano e la Selva del Lamone sono stati individuati i resti di molti insediamenti, in particolare Sorgenti della Nova, Pian di Morrano, Rofalco o l’area sacrale di Crostoletto del Lamone. Descrivere questo territorio come una “valle dei templi” indica tutt’altro che una semplice visione romantica. L’abbondanza di boschi, fiumi e laghi rimanda certamente al forte legame tra uomo e natura su cui gli Etruschi fondavano il contatto con le proprie divinità. È possibile che nei dintorni di Mezzano sorgesse un Fanum dedicato alla culto della Dea madre etrusca, tanto che l’appellativo Voltone rimanda facilmente al nome della divina Voltumna. La civiltà etrusca, facendo uso dell’Agrimensura, possedeva una particolare considerazione riguardo la divisione dei territori. I confini erano considerati linee di unione tra le etnie confinanti, che annualmente convergevano in tali aree consacrate per celebrare i propri riti comuni. Dopo numerose ricerche, perpetrate nell’arco di decenni, attraverso fonti e resti architettonici è possibile collocare, nell’area tra il lago di Mezzano, la Selva del Lamone e lungo i percorsi dei fossi Olpeta e Nova diverse tracce di templi, spesso scavati nella nuda roccia. In particolare il fanum sorto sopra Monte Becco, attivo per diversi secoli. È probabile che l’altura sia parzialmente artificiale, anticamente innalzata per offrire una veduta a tutto tondo dei territori circostanti. Non a caso millenni più tardi, nel XX secolo l’istituto geografico militare ha usato la cima di monte Becco per tracciare le carte dell’area. Ancora è individuabile un cippo capisaldo dell’IGM, simile alle antiche pietre miliari romane. Un altro tempio sorgeva nella valle della Cantinaccia, in cui sono presenti numerosi resti di colonne e pietrame. Esplorare le grandi cantine sotto il podere La Cantinaccia porta a ritenere possibile l’esistenza di cunicoli sotterranei diretti al centro della collina sovrastante. Un altro tempio sorgeva sopra Poggio Evangelista, da cui si gode di una visuale a lungo raggio, mentre recenti scoperte collocano un altro probabile edificio sacrale sulla sommità del vicino Poggio Montione, dove sono state rinvenute tracce archeologiche. Col passare dei secoli l’area ha continuato a conservare una certa importanza.
In epoca medievale vi era il passaggio di un’arteria di comunicazione, forse un diverticolo della via Francigena, una delle più importanti vie di pellegrinaggio di tutta la cristianità. Sono presenti tracce dell’attività templare, riscontrate nelle numerose edicole religiose lungo le strade bianche e nella chiesa gotico cistercense di Santa Maria di Sala. La zona del Voltone per diversi secoli faceva da confine tra il Granducato di Toscana e lo Stato della Chiesa. Laddove anticamente sorgevano templi etruschi vennero costruiti palazzi doganali e stazioni di posta, presso le quali nel XIX secolo si aggiravano anche briganti del calibro di Tiburzi, Biagini e Menichetti. Pare inoltre che a metà dell’ottocento, nella vecchia stazione di posta situata nel casolare del Voltoncino, si riunissero importanti incontri segreti tra i membri della carboneria mazziniana, per cospirare in favore dell’unità d’Italia. Il lago di Mezzano si mostra oggi in tutta la sua spiritualità, uno specchio d’acqua incontaminato, dove la natura regna lussureggiante e le acque scorrono libere. Oltre ad essere immissarie del fiume Olpeta, sembra che le acque del lago si connettano correndo sotto terra fino al fosso della Nova, il quale emerge all’improvviso da un antro ipogeo. Ascoltando i racconti degli anziani sembra vi sia una leggenda che lega le acque di Mezzano a quelle del lago di Bolsena.
Luca Federici