Tutto il territorio della Toscana tramanda da sempre nel corso degli anni e dei secoli un meraviglioso scrigno di leggende: che siano fatti realmente accaduti o racconti frutto della fantasia popolare? Si dice che le narrazioni popolari siano storie vere, nate e diffuse nella civiltà contemporanea, tramandate oralmente e dal contenuto inquietante e quasi inverosimile. E’ il bisogno di mistero e di soprannaturale che crea queste leggende: sono storie che danno un tocco in più a paesi bellissimi e borghi antichissimi, tanto da richiamare flotte di avventurieri desiderosi di risolvere qualche secolare mistero. Tra i molti tesori cui fanno riferimento le leggende maremmane ve n’è uno riguardo cui una coltre di mistero ammanta il luogo dove sarebbe stato nascosto e che riguarda il sito etrusco di Sovana, tanto da rendere la cittadina un luogo misterioso, ricco di folklore. Vi proponiamo dunque, in queste righe, un assaggio di quell’arcano che piace tanto agli avventurieri e che può solleticare la curiosità anche dei più scettici.
C’era una volta a Sovana una regina Etrusca: il suo nome era Antiglia. Era bellissima, saggia, molto amata e veramente così tanto affascinante da procurarsi l’ammirazione di tutta la sua sudditanza e di chiunque si intrattenesse con lei. Regnava serena e apprezzata da tutti: una regina intelligente e il suo governo era mite, equilibrato e giusto. Ma, come forse ben si sa, chiunque abbia successo è portato a volerne sempre di più e così anche Antiglia: la sua unica paura, infatti, quella che la tormentava all’infinito, era il timore di essere dimenticata da tutti dopo la morte. Per tutti però prima o poi giunge il momento in cui è necessario mettersi in ascolto delle proprie paure e delle proprie speranze ed inchinarsi al proprio destino. E così, come ben si capisce, presto il momento arrivò anche per Antiglia. Una notte in sogno gli dèi le parlarono: una profezia annunciava che la civiltà etrusca sarebbe tramontata al termine di dieci secoli di vita. Lei, pesantemente afflitta dal turbamento e dal timore che il tempo potesse cancellare la memoria sua e del suo popolo, decise che fosse giunto il momento di fare qualcosa. Chiamò a corte i migliori orafi dell’epoca a cui commissionò uno straordinario carro d’oro massiccio trainato da quattro cavalli: un simile scrigno prezioso sarebbe stata una tomba degna per una Regina tanto amata, che l’avrebbe potuta accompagnare nel suo infinito viaggio contro il tempo e verso un’eterna memoria. Alla disperata ricerca di un modo per rendere eterna la sua memoria, la regina Antiglia giunse alla conclusione che non vi era strada più sicura che far leva su uno dei principali motivi di interesse dell’uomo: il desiderio di ricchezza. Il suo era un piano perfetto, escogitato nei minimi dettagli: la regina mise in mostra il suo tesoro e la carrozza fu ammirata e invidiata da tutti tanto era splendente e preziosa, generando così immediatamente le brame dei cacciatori d’oro e non solo, ma anche di coloro che, solo per curiosità, erano desiderosi di osservare per un frangente quel prezioso oggetto e portarlo nella mente e nel cuore per tutta la vita. Ma le cose non andarono come il pubblico normalmente si aspetterebbe: Antiglia utilizzò infatti tutta la sua astuzia affinata con la pratica di governo per far sì che questa carrozza persistesse nella memoria dei posteri. Così, solo dopo aver raggiunto l’apice del successo con la sua carrozza d’oro, la Regina la fece sparire improvvisamente, nascondendo il suo capolavoro in un luogo segreto. Si capisce come così facendo l’oggetto misterioso, non più alla mercé di tutti, divenne ancora più desiderabile. Ebbe in tal modo inizio una vera e propria caccia all’oro che spinse gli uomini, provenienti dalle più disparate parti del territorio, desiderosi di oro, alla ricerca della carrozza in ogni angolo del regno. Poi un giorno, d’improvviso, così come d’improvviso era sparita la carrozza, scomparve anche la regina Antiglia, lasciando un segno indelebile e un grandissimo mistero.
Ci piace pensare che Antiglia, quale prezioso tesoro era, si sia nascosta anche lei agli occhi dei più e abbia osservato, compiaciuta, i cacciatori d’oro impazzire alla ricerca dell’arcano tesoro. Poi lentamente si sarebbe diretta al famigerato luogo dove da sempre aveva riposato la carrozza e altrettanto lentamente si sarebbe adagiata tra i suoi interni di velluto rosso e avrebbe chiuso gli occhi in un sonno infinito, sorridendo vittoriosa: era riuscita nel suo intento, aveva lasciato un segno del suo passaggio su questa terra e soprattutto nelle vite di tutti gli uomini del reame e non solo. E se siamo a scriverne qua, oggi, vuol dire che il suo desiderio più profondo si era realizzato: Antiglia lo sapeva. In ogni caso i cacciatori d’oro non si arresero alla scomparsa e per generazioni sono state tramandate mappe e notizie riguardo al luogo mai scovato di sepoltura della regina: dai cunicoli sotterranei di Sovana, al passaggio segreto che conduceva fuori della città verso l’Elmo e Montebuono, sino a Saturnia, a Montemerano e in numerose altre località della zona ancora oggi si ricerca disperatamente il monumento dorato.
Cosicché dopo tanti secoli il ricordo di Antiglia è ancora vivo, proprio come lei avrebbe voluto: è riuscita ad incidere un segno nella storia e nella leggenda fino alla sua mistica scomparsa non grazie a gesta gloriose, ma grazie a un segreto, che altro non è se non il segreto dell’anima, e invita l’umanità intera a trovarlo continuando a scavare e a cercare ancora. La leggenda vuole che in qualche angolo nascosto della Maremma riposi la regina Antiglia all’interno della sua scintillante carrozza dorata e gli anziani del posto raccontano che in un luogo intorno Sovana, nelle notti di luna piena si possa perfino sentire un flebile rumore di zoccoli di cavalli. Il viaggio di Antiglia continua e continuerà sempre.
Giada Rustici
FONTI: Sovana Blog, Maremmaalfemminile.