Estate 2024, scegliamo come vacanza estiva un viaggio in Vietnam, un paese che da sempre ha suscitato in me curiosità e ammirazione, tra storia e natura. In questo viaggio di piacere facciamo tappa ad Ho Chi Minh (la vecchia Saigon per i nostalgici), e di conseguenza andiamo a trovare due vecchi amici pitiglianesi giramondo che come tanti hanno lasciato il paesello anni fa per cercare fortuna e dimensione proprio in Vietnam. Il settore in cui lavorano è il più classico per gli italiani: la ristorazione.
Raccontata così la storia di Federico Pinzi e Valerio Di Veglia è molto semplice, ma fortuna e semplicità hanno poco a che vedere con il loro percorso. Federico e Valerio, oggi quasi quarantenni, gestiscono due ristoranti a Ho Chi Minh e sono due imprenditori di successo e affermati. Hanno lavorato, si sono rimboccati le maniche e con tanto coraggio hanno iniziato una nuova vita lontano dell’Italia.
In quest’intervista proviamo a raccontare in poche righe il loro viaggio, già consci che non basteranno queste pagine per farvelo vivere a pieno.
Valerio Di Veglia e Federico Pinzi in Vietnam
Quando ha avuto inizio la vostra storia?
F.P. Nel 2005. Sono partito da Pitigliano appena diventato maggiorenne. A 18 anni avevo un gran bisogno di esplorare il mondo e capire cosa avrei voluto fare della mia vita… (cosa che, a volte, ancora non ho ben chiara.) Pitigliano e i nostri paesi sono un gioiellino, paesini incantevoli con i suoi ritmi lenti e la sua tranquillità, ma per me era arrivato il momento di guardare oltre. Come tanti a quell’età volevo uscire dalla comfort zone e scoprire cosa mi aspettava là fuori. Così ho iniziato il mio viaggio. Prima Roma, poi Mosca, Minsk, di nuovo in Italia a Venezia, e poi via di nuovo, verso Melbourne e Singapore. Ogni posto mi ha insegnato qualcosa di unico. Singapore, in particolare, è stata una tappa fondamentale: lì ho aperto la mia prima azienda di catering. Ho lavorato con clienti da tutto il mondo, molti dei quali milionari che avevano scelto Singapore come base. Questa esperienza mi ha arricchito non solo dal punto di vista professionale, ma anche personale. Poter chiacchierare con persone di così alto profilo mentre preparavo cene private era affascinante; mi dava l’opportunità di imparare da chi ha costruito imperi, semplicemente ponendo loro domande tra una portata e l’altra.
V.D. Per me tutto è iniziato qualche anno più tardi rispetto a Federico. Per anni sono rimasto legato alla mia terra, un luogo fatto di bellezza, tradizioni e amicizie che hanno reso speciale ogni giorno. È lì che ho costruito i miei ricordi più belli, circondato da volti familiari e da un senso di appartenenza che ancora oggi porto con me ed è li che ho avuto le mie prime esperienze lavorative. Ma, nonostante tutto, sentivo che c’era un mondo più grande da esplorare, qualcosa che mi chiamava oltre quei confini. Sognavo di partire, di scoprire il mondo, ma trovavo sempre una scusa per rimandare. La svolta è arrivata con un evento che mi ha cambiato profondamente: la morte di mia madre. In quel momento ho capito quanto la vita sia breve e quanto sia importante non lasciare che il tempo scivoli via inutilmente.
E così arriviamo in Vietnam…
F.P. Esatto. Dopo tre anni di lavoro a Singapore, ho deciso di reinvestire con Valerio in Vietnam, un paese che all’epoca sembrava sul punto di una grande crescita economica che poi in effetti è avvenuta. Questo è successo nel 2016, nove anni fa anche se il tempo è davvero volato. Quell’anno abbiamo aperto il nostro primo ristorante a Ho Chi Minh, “Pasta Fresca” un nome che dice già tutto.
V.D. Quando Federico mi ha offerto di seguirlo nel suo sogno di aprire un ristorante, ho deciso di cogliere l’occasione.
È stato un salto nel vuoto: partire senza sapere una parola di inglese, affrontare sacrifici e difficoltà, ma anche scoprire nuove possibilità. Da prima l’ho raggiunto a Singapore ed è stato il primo grande passo, un’esperienza che mi ha insegnato il valore del lavoro duro e della resilienza. Dopo due anni e mezzo circa, io e Federico abbiamo deciso di trasferirci in Vietnam e di aprire qui il nostro ristorante. Se Singapore mi aveva messo alla prova, il Vietnam mi ha trasformato.
Ho Chi Minh, Saigon per i nostalgici
Raccontateci qualcosa in più su questo paese, ormai stiamo parlando di una meta turistica, tanti stanno venendo a visitarlo (come il sottoscritto) negli ultimi anni, ma per tanto tempo questo paese è stato un paese ai margini, ricordato solo per le note vicende legate alla guerra e per la filmografia americana ad essa collegata.
F.P. Gli ultimi otto anni a Ho Chi Minh (la vecchia Saigon) sono stati incredibili: la città si è trasformata sotto i nostri occhi, con nuovi palazzi che spuntano ovunque di settimana in settimana. Ma i primi anni non sono stati semplici. Avviare un’attività in un paese culturalmente così diverso è stata una vera sfida. Le infrastrutture erano ancora in fase di sviluppo, lontane da quello che sono oggi e il traffico era folle, ben oltre ogni immaginazione. La barriera linguistica ci ha messo alla prova. Tuttavia, se dovessi scegliere due cose per descrivere la mia esperienza in Vietnam direi senza dubbio ospitalità e passione. La gente vietnamita ha reso quest’avventura speciale.
V.D. Questo paese mi ha insegnato più di quanto avrei mai potuto immaginare. Ho trovato un’energia e una vitalità che mi hanno ispirato e spinto a crescere come persona e come imprenditore. Le difficoltà affrontate qui mi hanno reso più forte, più consapevole e più aperto a nuove prospettive. Siamo arrivati in pieno boom economico e rispetto all’Italia si respirava una speranza nel futuro che per chi investe è decisiva.
Parliamo un po’ del mondo della ristorazione italiana all’estero e del fare impresa in un paese come questo.
F.P. e V.D Quando siamo arrivati in Vietnam la cucina italiana era un lusso riservato a pochi espatriati e vietnamiti abituati a viaggiare. Oggi che nel frattempo i nostri ristoranti sono diventati due, vedo sempre più famiglie vietnamite che vengono a mangiare con i loro bambini. Questo ci fa sentire parte della crescita di questo paese, e nel nostro piccolo, speriamo di aver contribuito alla sua fioritura, anche considerando quello che dicevamo prima, il fatto che stiamo parlando di un paese orami meta di viaggio importante per chi viene in oriente.
Per il resto il Vietnam è diventato casa nostra, non siamo più imprenditori in cerca di fortuna. Con il passare del tempo, notiamo sempre più somiglianze con l’Italia, soprattutto nel valore che si dà alla famiglia e in alcuni atteggiamenti. Siamo lontani migliaia di chilometri, eppure in qualche modo ci ritroviamo uniti.
Cosa direste oggi ad un ragazzo che cerca di intraprendere la vostra stessa strada?
F.P. Intanto sono scelte estremamente soggettive e non esistono regole universali su come si possono affrontare determinate cosa: la crescita, le amicizie, il rapporto con la famiglia, il primo impatto con il mondo del lavoro…
Una cosa la posso dire però. Quando sei giovane (e non solo), le piccole realtà come le nostre sono delle cassette di sicurezza, ma possono essere limitanti sotto tutti i punti di vista, e la cosa peggiore è che non ce ne accorgiamo quasi mai. Io dico che se hai le idee chiare su cosa vuoi, sei molto fortunato e allora va benissimo tutto, ma se, come me, hai bisogno di capire, devi provare ad esplorare un po’, anche una semplice città più grande può aprirti molte porte che non conoscevi anche e soprattutto dentro te stesso.
V.D. Parto da un altro punto di vista. Io so che questo percorso non l’ho fatto da solo. Devo ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile questo viaggio e che mi hanno supportato, e continuano a farlo. Perché, se è vero che il cambiamento parte da dentro, gli stimoli e il sostegno più importanti arrivano spesso da fuori. A volte è estremamente importante essere resilienti agli stimoli, almeno per la mia esperienza. Se c’è una cosa che ho imparato, è che lasciar andare le paure è fondamentale per crescere. Basta un passo per rompere quelle catene e scoprire cosa c’è oltre. Per me è stato verso Singapore, ma per ognuno di noi quel passo è diverso. Chiudo dicendo che i cambiamenti fanno sempre paura ma oggi, so che mi mancherebbe un piatto di pho tanto quanto una pizza. Perché quando ti apri al mondo, non perdi mai, guadagni sempre.