Nell’autunno del 1922 Crispino Lombardi[1], nato a San Quirico di Sorano nel 1874, fu costretto, dopo rinnovate intimidazioni, a emigrare per sfuggire alle violenze fasciste. Si trasferì a Roma con la famiglia, dove aprì una bottega di calzolaio e un negozio di riparazione di biciclette. Il suo arrivo nella capitale fu segnalato ai fascisti capitolini, che devastarono entrambi i negozi. Crispino Lombardi fu sorvegliato costantemente, perché la polizia fascista sospettava che a Roma ospitasse sovversivi provenienti dalla provincia di Grosseto, cercando di procurare loro anche i mezzi per espatriare. Nel 1927 e nel 1930 visitò S. Quirico e gli spostamenti furono puntualmente segnalati dalle forze dell’ordine in Toscana alla polizia della capitale[2]. Morì a Roma nel 1931[3].
Il figlio Ezio, nato a S. Quirico il 19 settembre 1903, era emigrato giovanissimo negli Stati Uniti, ma tornò in Italia durante la detenzione del padre. Infatti, Crispino, oltre a subire probabilmente il primo attentato in provincia di Grosseto come amministratore socialista, il 30 dicembre del 1920, era stato arrestato, processato e infine assolto nell’ottobre del 1921, nel pieno degli scontri fra fascisti e social-comunisti.
Dopo il trasferimento della famiglia a Roma, Ezio si dedicò alla lotta al fascismo militando nelle fila del Partito comunista clandestino, diventando un importante organizzatore. Nel 1927 fu arrestato e nella sua scheda segnaletica si leggono i seguenti dati: alto 1 metro e settantuno cm, capelli castani, fronte alta, sopracciglia castane, naso lungo, viso ovale, negoziante di calzature, comunista. Il Tribunale Speciale si era pronunciato contro di lui, Francesco Raffaelli, Assunta Raffaelli, Carlo Kodré, Umberto Clementi, Norberto Rossi, Numitore Selloni “per avere in Roma, prima del 14 settembre 1927, concertato, appartenendo a segrete associazioni comuniste, fra loro e con altri rimasti ignoti, di commettere fatti diretti a suscitare la guerra civile e a far insorgere contro i poteri dello Stato”[4].
Dopo dieci mesi di detenzione, aggravata dal fatto che la polizia trovò una copia di un giornale sovversivo nella sua abitazione, Ezio Lombardi fu assolto dal Tribunale Speciale il 22 luglio 1928 “perché il fatto non costituiva reato”[5]. Sembra, tuttavia, che fu ugualmente confinato nell’isola di Ponza[6].
Tornato libero, continuò la sua attività politica, senza poter rientrare nelle fila del Partito comunista per ragioni di sicurezza, ma forse avvicinandosi “al più aperto e disponibile gruppo di Cretara”[7]. In una lettera della Questura di Roma, datata 10 febbraio 1930, si legge: “Il comunista Lombardi Ezio di Crispino […] pur continuando a serbare regolare condotta in genere e a non interessarsi di politica, non ha dato prove di ravvedimento e pertanto non ritengo, per ora, di proporre la radiazione dal novero dei sovversivi”[8].
Sorvegliato per tutti gli anni trenta, Ezio Lombardi non diede luogo a speciali rilievi per la sua condotta politica.
Nel 1940 fu fondato a Roma il giornale clandestino “Scintilla” da un gruppo del quale faceva parte Ezio Lombardi, suo fratello Mario, vari comunisti dissidenti, cristiano-sociali, socialisti, anarchici e alcuni esponenti liberali vicino al movimento “Italia libera”. Nell’agosto del 1943, attorno al nucleo di uomini fondatori di “Scintilla” e al gruppo “Matteotti”, nacque il “Movimento Comunisti d’Italia Bandiera Rossa”, formazione che da questa data al 4 giugno 1944 fu alle dipendenze del generale Roberto Bencivegna, tramite il collegamento garantito da Antonino Poce. “Bandiera Rossa” contava aderenti nei ministeri militari, nelle Poste e Telegrafi, alla T.E.T.I., alle stazioni radio, nelle ferrovie, nelle officine per la produzione bellica, nel Governatorato di Roma e aveva una solida base nelle borgate. Le finalità dell’organizzazione, oltre alla creazione di cellule nei settori strategici, erano le seguenti: orientamento politico antifascista sulla base di programmi comunisti; ostacolare, con l’ausilio di uomini di ogni provenienza sociale, tutte le attività del fascismo. Il comando si distingueva in interno ed esterno e complessivamente “Bandiera Rossa” raggruppava 71 bande minori divise in 5 zone, oltre a bande speciali e altre esterne. Ai vertici dell’organizzazione partigiana fu posto un Comitato esecutivo di cui faceva parte anche Ezio Lombardi (dai documenti consultati risulta capo zona del quartiere Appio e addetto ai servizi vari del comando interno), Aladino Govoni (figlio del poeta Corrado), Matteo Matteotti (figlio di Giacomo, il deputato assassinato nel 1924), Nicola Stame, il tenore antifascista, e altri. Durante i nove mesi di occupazione nazifascista della capitale, “Bandiera Rossa” ebbe 186 caduti, tre volte più del PCI e cinque più del Partito d’Azione. Gli aderenti al Mcd’Italia furono 1183, più di ogni altro gruppo partigiano e su 335 massacrati alle Fosse Ardeatine, 52 appartenevano a “Bandiera Rossa”. Le azioni andavano dal sabotaggio agli scontri con i nazifascisti, dall’assistenza ai prigionieri di guerra evasi dai campi di concentramento tedeschi alla propaganda contro l’arruolamento di lavoratori destinati alla Germania[9].
Anche i fratelli di Ezio: Vincenzo, Mario e Bruno furono partigiani. Vincenzo militò in “Bandiera Rossa”, Mario nelle “Brigate Garibaldi” del PCI e Bruno, meno politicizzato, appartenne alla formazione romana “Sette Colli”. Quest’ultimo fratello si era avvicinato all’antifascismo dopo la promulgazione delle leggi razziali, perché sua moglie era ebrea[10]. Mario, dapprima in “Bandiera Rossa”, poi nelle “Brigate Garibaldi”, subì anch’egli l’arresto. Uscito da Regina Coeli il 7 agosto del 1943, fu ancora ricercato dalla polizia fascista nel mese di dicembre, quando riuscì ad evitare la cattura[11].
Per Ezio Lombardi la lotta al fascismo finì il 24 gennaio del 1944, quando fu arrestato dalla polizia tedesca, a seguito di delazione, con Aladino Govoni, Tigrino Sabatini, Unico Guidoni, Uccio Pisini e il fratello Vincenzo. Quest’ultimo sfuggì alla morte perché inviato in un campo di lavoro presso Trieste, dove rimase fino al 22 marzo e da cui riuscì a fuggire[12]. La sera del 24 gennaio era stato catturato dalle SS Nicola Stame, mentre, di ritorno da Anzio, cercava di recapitare proprio al gruppo di Aladino Govoni un messaggio importante. L’arresto di Lombardi e degli altri avvenne in un bar-latteria in via S. Andrea delle Fratte. Nei documenti a nostra disposizione, in particolare in una lettera del Comando generale di “Bandiera Rossa”, datata 15 ottobre 1945, firmata da Antonino Poce per il Comando generale, si legge quanto segue: “Si dichiara che Lombardi Ezio fu Crispino, nato a Sorano in prov. di Grosseto il 17/9/1903, apparteneva alle nostre Formazioni Militari, quale membro del Comando Generale e a lui si deve tutto l’ordinamento delle squadre d’azioni che operavano contro i nazifascisti in Roma e all’esterno. Inoltre ha partecipato alla compilazione del piano di difesa per la popolazione romana nell’eventualità di un assalto tedesco.
Per la sua attività fu individuato e arrestato con altri in una nostra sede clandestina nei pressi di S. Andrea delle Fratte, dove fu seguito fino in ufficio a Piazza Mignanelli. La documentazione sulla sua attività risulta dal Centro Generale Clandestino diretto dal Gen. Roberto Bencivegna. Processato dal tribunale tedesco il mese di febbraio fu condannato a 5 anni di carcere; ma in occasione dei fatti di Via Rasella fu fucilato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944”[13].
Anche in un documento datato 3 novembre 1947, firmato dalla madre Elvira Agnelli, si legge che Ezio fu arrestato presso il suo ufficio (l’Esattoria), alla data del 24 gennaio e lo stesso in un documento della Commissione laziale per l’accertamento delle qualifiche: “Arrestato il 24/1/1944 nel suo ufficio per delazione sconosciuta […][14].
Condotto a Via Tasso n. 145[15], carcere e caserma delle SS, subì, come gli altri, interrogatori e torture almeno fino al 23 febbraio. Fu poi trasferito a Regina Coeli (III braccio tedesco), cella 374, il 24 febbraio 1944 alle ore 19.00, in consegna al maresciallo delle SS Brandt del servizio di sicurezza. Sarà prelevato il 24 marzo 1944 per essere ucciso, all’età di 41 anni, con un colpo di arma da fuoco alla nuca, alle Fosse Ardeatine, dove riposa nel sacello n. 271[16]. Il 25 maggio del 1944 fu reso noto il suo martirio. Il 23 agosto del 1949 la Commissione per l’accertamento delle qualifiche avrebbe attribuito ad Ezio Lombardi il grado di Comandante in seno a “Bandiera Rossa”, equiparato a quello di Maggiore.
Dopo la Liberazione, Luigi Scossa, nominato sindaco di Sorano, inaugurò, il 26 agosto 1945, la lapide in memoria di Ezio Lombardi, auspicata anche dal comune di Pitigliano, posta presso l’originaria abitazione della famiglia, in S. Quirico. Scossa, che era stato primo cittadino socialista anche nel 1920-1921 e aveva subito violenze e persecuzioni dai fascisti, pronunciò queste parole: “Ezio Lombardi, martire onorato della tua stirpe io ti conobbi nel 1921 essendo tuo padre un amministratore socialista. Fui qualche volta a casa vostra anche nei momenti tristi, specialmente quando vostro padre fu anche malmenato, poi arrestato, perché non si arrese alle minacce e alle persecuzioni fasciste. Il suo motto era: mi spezzo ma non mi piego; e voi figli avete mantenuto la parola. Compagni, quando al mattino andate a lavorare salutate questo marmo sul quale è scritto il nome di questo martire della barbarie fascista, che ha amministrato la giustizia con il bastone e con il pugnale. Noi siamo altri italiani, noi vogliamo la fratellanza e l’umanità; spirito di sacrificio per la ricostruzione dell’Italia, unità di partiti democratici onde non s’abbia a ripetere l’errore del 1921. E ora viva l’unione democratica dei partiti. Viva Ezio Lombardi[17]”.
Negli anni successivi fu avanzata la proposta di intitolare una piazza del paese natio a Ezio ma, per ragioni da chiarire, ciò non fu portato a compimento[18].
Franco Dominici
NOTE
[1] Consigliere socialista già in età giolittiana, nominato dal Commissariato per l’emigrazione rappresentante legale della compagnia di navigazione “Anchor Line” per il Mandamento di Pitigliano. Nel settembre del 1920 fu eletto pro-sindaco dell’amministrazione socialista guidata da Luigi Scossa. Dopo il gennaio 1921 aderì al Partito comunista d’Italia.
[2] Archivio di Stato di Grosseto, Questura, busta 458, fascicolo “Crispino Lombardi”.
[3] Crispino ed Elvira Agnelli ebbero 9 figli. Goffredo morì nel 1939, Guido e Delezia emigrarono in America dove si stabilirono definitivamente. Leda era la figlia che si occupò prima della malattia del padre, poi di quella della madre.
Altra figlia era Lucia: siccome aveva studiato dalle suore, queste la convinsero a prendere gli ordini. In famiglia tale scelta era osteggiata fino a quando Crispino, in punto di morte, chiamò il figlio Mario e lo esortò ad esaudire i desideri della figlia. Così Lucia divenne suor Giordana della congregazione suore della Consolata. Le suore erano missionarie e Giordana fu inviata a Maputo, capitale del Mozambico. Qui fondò ben sei orfanatrofi e a tutti i neonati dette il nome di qualche suo familiare. Agli inizi degli anni sessanta, ormai avanti con gli anni, la convinsero a tornare in Italia per essere ospitata in una casa di riposo per suore a Nepi. Quando la nipote Ezia l’accompagnò, non appena resasi conto dell’ambiente, rivolta alla nipote disse: “Con queste vecchie stateci voi”. Così ritornò a Maputo, dove è morta. Elvira Agnelli, la madre di Ezio, sarebbe morta, per problemi cardiaci, nei primi anni sessanta del Novecento.
(Si ringrazia Ermanno Lombardi per le notizie sulla famiglia).
[4] Documento proveniente dall’Archivio Centrale dello Stato di Roma, sentenza del Tribuna Speciale per la difesa dello Stato, segnalatomi da Donatella Cesari.
[5] Archivio Centrale dello Stato di Roma, Ministero dell’Interno, DGPS, Casellario politico centrale, Regia Questura di Roma, 23 giugno 1928.
[6] https://www.anpi.it/biografia/ezio-lombardi
[7] Roberto Gremmo, I partigiani di “Bandiera Rossa”. Il Movimento Comunista d’Italia nella Resistenza Romana”, Ed. Elf Biella, Novara 1996, pp. 4-6.
[8] Archivio Centrale dello Stato di Roma, Ministero dell’Interno, DGPS, Casellario politico centrale, Regia Questura di Roma, 10 febbraio 1930.
[9] Le notizie sul Movimento Comunisti d’Italia “Bandiera Rossa” provengono dalla Relazione generale del gruppo e dalla documentazione sui “Ricorsi della Formazione Bandiera Rossa”, gentilmente concessi da Donatella Cesari. Per ulteriori notizie si rimanda a Silverio Corvisieri, Bandiera Rossa nella resistenza romana, Roma 1965.
[10] Testimonianza di Goffredo Lombardi, classe 1939, nipote di Ezio, figlio di Mario.
[11] I poliziotti si recarono a casa di Mario per arrestarlo, ma la prontezza della moglie Nunzia, che lo fece nascondere fra la persiana e la finestra ed un colpo di fortuna, dovuto al fatto che in quel momento entrò un tenente dell’esercito, il quale aveva preso in affitto una camera a casa dei Lombardi, fece sì che l’ispezione fosse subito interrotta (si ringrazia Ermanno Lombardi per la notizia) Mario Lombardi è morto nel 1987.
[12] Vincenzo riuscì a tornare a Roma con vari mezzi di fortuna. Trovò la sua casa bombardata e rimase nascosto fino alla Liberazione. E’ morto nel 1986 (si ringrazia Ermanno Lombardi per la notizia).
[13] Documento del Museo della Liberazione di Via Tasso, gentilmente segnalato da Donatella Cesari.
[14] Ibidem. Non vi sono prove, ma alcuni indicano Guglielmo Blasi (poi delatore per la banda del famigerato Pietro Koch) come la spia che fece arrestare gli altri nel bar- latteria e, presente anch’egli, si sarebbe dileguato poco prima dell’arrivo dei tedeschi.
[15] Lo stesso questore Caruso comunicò al Ministero dell’Interno l’arresto di Ezio Lombardi. Si veda Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, DGPS, Casellario politico centrale, Questura di Roma, 26 febbraio 1944.
[16] Il riconoscimento della salma di Ezio fu fatto dal fratello Mario, dalla sorella Leda e dalla cognata Nunzia, che lo individuarono dall’orologio e dall’abito (si ringrazia Ermanno Lombardi per l’informazione).
[17] F. Dominici, Cent’anni di storia. Sorano 1860-1960, Stampa Alternativa, Strade Bianche, Roma 2001, pp. 175-179.
[18] Non mancano documenti d’archivio riferiti alla mozione in questione; in particolare si veda Archivio Centrale dello Stato di Roma, anno 1951, busta 3123, numerazione 153.37.5: “Sorano, intitolazione di una piazza a Ezio Lombardi”.