Un ruolo chiave durante il “corona virus” lo hanno svolto le attività di intrattenimento. Viste le restrizioni le piattaforme digitali, il web e i social network sono stati per una volta fondamentali. Ci hanno permesso di comunicare con i nostri affetti, con i nostri amici, ci hanno aiutato a passare meglio questo brutto periodo. Tra le iniziative create per tale scopo, bisogna sicuramente segnalare TiramisùTv. Un programma di intrattenimento nato da un’idea di Emilio Celata, Pierluigi Camilli, Davide Lumini e Paolo Mastracca che ha svolto un singolare servizio per tutta la nostra comunità. Ha permesso a tanti pitiglianesi lontani dal paese per vari motivi, di chiacchierare in diretta con i propri parenti, di rivedere i vecchi amici. Una serie di puntate divertenti ma anche commoventi, con tematiche interessanti ed ospiti d’eccezione che, dietro la guida attenta e professionale di Emilio Celata e Paolo Mastracca, ci hanno regalato delle straordinarie serate di incontro. Tra gli ospiti fissi del programma c’era Peppe, un pitiglianese che pur di non stare isolato in casa con la moglie ha preferito isolarsi in cantina. Una serie di gag divertenti hanno contraddistinto gli interventi di Peppe in TiramsuTv. Infatti, insieme ai due conduttori, trasformava sempre il programma in un esilarante momento di umorismo al naturale. Ed è la lingua Pitiglianese anche quella usata da Peppe nelle suoi racconti dalla cantina che lui la definisce però. “In Pitiglianese un po’ “annacquatu”. Certo il termine è per lui poco adatto ma si riferisce al fatto che oramai la lingua Pitiglianese ha subito delle trasformazioni e le sue caratteristiche si sono un po’ diluite nel tempo. Questo esperimento di Peppe ha ridato sicuramente slancio al vernacolo Pitiglianese, una lingua antica veramente straordinaria. Nei racconti che ci ha regalato durante il periodo del corona virus e in quelle sue scenette, Peppe ha voluto descriverci quei momenti difficili con un po’ di allegria e un po’ di leggerezza cercando di regalarci qualche attimo di spensieratezza e con la sottile arma dell’ironia ci ha incuriosito riformulando la negatività in un’ottica comica. Non è facile fare ironia sugli eventi che danno ansia e sofferenza ma riproporli in chiave ironica aiuta spesso a superarli in modo più sereno. E come un sorta di difesa psicologica che ti aiuta a non pensare a quello che sta succedendo. Anche perché a renderci tristi ci pensavano già le notizie che arrivavano ogni sera dai comunicati ufficiali.
Io avrei visto bene Peppe a riassumerci quello che era successo durante la giornata. Lui con la sua lunga quarantena in cantina sarebbe riuscito a trovare un rimedio. Già me lo vedo: ”L’unicu modu pe isolà la corona, adè mettela sott’ogliu”.
Naturalmente per lui la corona è quella delle salsicce. Oppure “Meglio il vinu co lu spuntu che ‘n vaccinu bacatu”
Ci pensate il governo, l’organizzazione mondiale della sanità, il capo della protezione civile a raccomandarci di non assaltare i supermercati per acquistare l’olio che tanto ce n’era a sufficienza per tutti?
Peppe è’ riuscito a sdrammatizzare quel brutto periodo con eleganza facendoci a tratti riflettere per poi ribaltare tutto con il suo umorismo per riportarci in quella sana leggerezza del racconto.
Corona Ridens, così è stato battezzato il mini-ciclo di racconti che Peppe ha dedicato a questo periodo.
Vediamoli nel dettaglio.
“La Poesia Recitata”. Il titolo deriva dal fatto che prima l’autore l’aveva proposta in forma scritta poi, su richiesta di alcuni amici, l’ha riproposta recitata. Che dire un raffinato racconto dell’inizio dell’epidemia con la spiegazione di quello che stava succedendo. La presa di coscienza delle misure restrittive che lo invitano a stare a casa e il colpo di genio, pur di non stare isolato in casa con la moglie, si isola da solo in cantina.
“‘Na chiacchierata co San Giuseppe” In occasione della Torciata di San Giuseppe, Peppe immagina di parlare con il Santo per spiegargli la drammatica situazione e gli racconta come, nonostante tutto, il popolo Pitiglianese rispetti la festa a lui dedicata e organizzi una torciata casalinga. Detto questo Peppe chiede al Santo la grazia di portare via, insieme all’”Invernacciu” anche il maledetto virus In cambio Peppe promette a San Giuseppe e lo fa: “….con tanta devosione- di vino non fo mancu un bicchierettu – lu bevo direttamente da i boccione”
“L’acetu migliorato”. Nell’Aceto Migliorato Peppe ci illustra, sempre con ironia, le difficoltà della gente durante il primo periodo del virus. Il fatto di non potersi muoversi liberamente la porta ad avere paura anche di uscire per prendere i beni di prima necessità. Anche Peppe ha questo problema. A lui comincia a mancare il vino in cantina e vuole trovare il modo di trasformare in vino l’aceto. In questo contesto ci fa capire che anche in questo periodo c’è chi se ne approfitta alzando i prezzi di alcuni prodotti ma, come da sana tradizione Pitiglianese, Peppe non si fa buggerare e fiutando la fregatura conclude: “…..meglio bevo la matre dell’acetu”
“La Santa Settimana” Con La Santa Settimana Peppe sale di livello. Questa volta immagina di parlare addirittura con nostro Signore cercando di spiegargli come è per la gente il periodo Pasquale durante la quarantena. Cerca di convincerlo che forse era meglio rimandarla e in qualche modo riesce a fargli coniare un nuovo comandamento proprio riferito al virus e gli “scuce” una raccomandazione “…..magnate, bevete, facete la scarpetta / ma state ‘n casa che ‘stu corona anco’ c’appesta / c’annarete ‘n’ aiddra voidda a fa Pasquetta”
“La Libberazione”. E’ il racconto più “impegnato” nel senso che nella prima parte Peppe fa un analisi storica molto attenta e passionale parlando del periodo pre – liberazione e dell’importanza del festa. Un filo conduttore che ritroviamo in tutto il racconto. Naturalmente il finale ci riabilita al sorriso. Si offre di combattere come un partigiano contro il corona dicendo “…..vorrei esse un partigianu / pe regalavvi sta libberrazione / annarei contro ci corona co i tricolore in manu / co un unicu pensiru rivedè i boccione”
“Il Primmu Maggiu” Come ne “La Libberazione” anche in questo racconto nella parte iniziale Peppe illustra l’universalità della festa e di quanto è importante non dimenticarla. Poi lo trasforma in delirio comico quando nel racconto il vescovo tra le altre restrizioni mette il divieto di bere il vino. Peppe protesta animatamente e il vescovo lo punisce. Ma in fondo la semplicità di Peppe e soprattutto la bontà del suo vino convincono il vescovo a perdonarlo, “anzi, ti fo santu” gli dice. Nel finale di questo racconto Peppe secondo me nasconde tra le righe una morale che vi invito a individuare. “……quanno i vinu piace, piace / ne la vita poi esse sinnacu, ministru, vescovu o dottore / ma poi venghi ‘n cantina a ritrova’ la pace”
“La Repubblica Itagliana” Al momento è l’ultimo episodio della serie e in questo episodio Peppe ci racconta del referendum del 2 giugno 1946. Questa volta è alle prese con un esame per il quale dovrà proprio studiare la storia italiana. Il maestro per fargli capire il significato di alcune parole è costretto a scendere sul suo campo. Infatti per spiegargli la parola Referendum gli pone un quesito chiedendogli di scegliere il migliore tra i vino bianco e il vino rosso. Peppe, finalmente nel suo “territorio” risponde: “…..il biancu lu bevu a pranzu / co i rossu poi ci ceno –….. tra biancu e rossu adè meglio pienu”
Che ci resta da dire, che le cose sono molto migliorate, il corona sembra essere a le corde, ma credo che un po’ di buon umore non guasti mai, quindi speriamo che Peppe ci regali ancora qualcosa, anche perché l’ironia la utilizziamo tutti quotidianamente e spesso nemmeno ce ne accorgiamo o forse tanti non sanno co sa sia e tanti non l’accettano. Io credo che sia un modo diverso ma intelligente di comunicare un pensiero.
Per chi non li avesse ancora visti i video delle puntate di Tiramisu tv e i video “Corona Ridens” con le scenette di Peppe sono disponibili su Facebook.
Ringraziandovi per l’attenzione vi saluto proprio con una citazione di Peppe:
“E’ inutile lamentassi di come c’è toccata
La vita adè questa, tocca fassela bastà
Dipenne poi da come l’hai doprata
Ma quanno fenisce tutti vorressimo restà”