Nel cuore della nostra terra esiste un lato immerso delle tenebre, quello che si sceglie come nascondiglio, rifugio di segreti e misteri. È lì, silenzioso e in trepidante attesa, quel lato buio e tenebroso, quello che c’è ma sfugge sempre, fatto di misteri e leggende, che si nascondono negli angoli più angusti dei paesi, nella polvere di secoli e secoli di storia e nella memoria della nostra gente. Il mistero è lì, radicato ai suoi luoghi, che aspetta il momento di insinuarsi nelle nostre storie, in attesa di essere irrorato di fantasia e protetto dalla tradizione. Con un po’ di brivido proviamo a raccontarne una.
Siamo in una splendida cittadina dell’area del Tufo, nel cuore della Maremma Toscana. Pitigliano è uno dei borghi più belli d’Italia: arroccato su una rupe di tufo, il paese si erge imponente sulle valli dei torrenti Lente, Meleta e Prochio, offrendo una meravigliosa vista sulla natura selvaggia ed incontaminata di quest’area della Maremma. Di notte la vista è ancor più spettacolare, illuminato dall’alto dalla luce naturale della luna, il borgo sembra essere sospeso nel vuoto, come sorretto da una forza misteriosa. Oggi Pitigliano è un vero e proprio gioiello e scrigno prezioso di arte, storia e cultura, ogni angolo del suo centro storico racconta un passato ricco di storia, gli stretti vicoli, le piazzette, gli scorci panoramici, a Pitigliano tutto è magico e regala un’emozione unica. È in questo panorama mozzafiato, idilliaco e senza tempo, che come uno squarcio si insinua forse una delle storie più agghiaccianti della nostra terra: anche questo contribuisce a rendere magnifico l’immenso panorama pitiglianese. Il buio, i mostri, le streghe sono spesso paure create con la fantasia, ma è quella paura che ricerchiamo in continuazione perché emoziona e piace, perché scatena l’adrenalina. E così, tra il panorama mozzafiato si insinua quella paura che ci fa correre di notte fino ad avere il fiatone, perché Pitigliano diventa custode di un’antica leggenda: le protagoniste sono le streghe. Un’antica storia racconta che tempo fa, nel paese di Pitigliano vivevano alcune donne particolari: erano streghe. Le streghe si incontravano in segreto, sempre e solo di martedì a Pitigliano, sempre e solo intorno alla Fontana nella “Piazza della Repubblica”. Di notte, certamente le streghe amavano nascondersi e per non essere riconosciute dalla gente, si trasformavano in animali: si racconta che preferissero assumere sembianze di gatte dal pelo lungo o di volpi con la coda morbida. C’era una volta infatti una gattina «Michichì» piuttosto petulante tanto da far spazientire chiunque: stanco della sua insistenza un uomo le diede una zampata, facendola cadere dalle scale e rompendole una spalla; qualche tempo dopo lo stesso uomo incontrò una donna (un’amica forse?) mal messa ed acciaccata: “Che hai fatto?” esordì il tale. “Sì, eh, il gatto che gli dasti la zampata non ero io?”.
“Noi si và in Maremma a ballare, dicevano le streghe”. Così le streghe di Pitigliano preparandosi ai festini del venerdì e del martedì, appuntamento fisso che neppure l’amore poteva fermare. Erano solite spalmare i loro corpi nudi con degli unguenti magici cantando davanti al fuoco un rituale magico, che iniziava sempre con questa formula magica: ” Mi ungo e mi riungo e in un’ora ora vado e torno, sotto acqua e sopra vento vado alle noce di Buonconvento..oh ”. Partivano da Pitigliano tutte insieme le donne streghe, a cavallo di asini o di cavalli rubati nelle stalle dei contadini del luogo oppure a cavallo di scope. All’improvviso si vedano volare in cielo, partivano per andare chissà dove e da chi? Si dà per certo che i loro festini durassero notti intere. Le streghe ballavano davanti al fuoco, saltavano, sudavano. In tutto ciò che circondava il paese, l’occhio più scaltro e attento poteva trovare segno del passaggio delle streghe e persone come tal Pietro questo lo sapevano bene. Era solito infatti trovare le criniere delle sue cavalle intrecciate misteriosamente intrecciavano misteriosamente tutte le criniere dei cavalli.
Stanche ed esauste tornavano nel paese, ma ancora eccitate e dunque per sfogarsi erano solite, per diletto, rapire i bambini piccoli nelle case del borgo: no, nessuna preoccupazione, non facevano loro del male, al massimo qualche strattone, ma il divertimento e il loro sfogo era prendere i bambini e coccolarli, fino a che l’ansia delle madri non lo impediva. Quando capivano di aver superato la soglia della tolleranza, le streghe di Pitigliano riconsegnavano con dolcezza i bambini uno per uno nelle case, in silenzio e di nascosto. All’epoca la gente del luogo aveva paura di queste strane, imprevedibili e irriconoscibili donne: si racconta che, per difendersi da loro, fosse usanza appendere ramoscelli di ginepro o di pungitopo davanti alle stalle e alle porte delle case. Ma il viaggiatore che incuriosito intenda avventurarsi alla ricerca di qualche segnale della loro presenza ancora viva, non sia spaventato: anche la loro essenza così imprevedibile contribuisce senz’altro a donare a Pitigliano la sua splendida aurea magica, l’importante è lasciarsi affascinare.
Giada Rustici
Fonti: Maremmaalfemminile.com, e “Fiabe e storie della Maremma”