Il nostro territorio è spettacolare nella sua interezza, ma se, per caso o per scelta, ci si trova a passare per l’Alta Maremma, girovagando per paesi e campagne, si avverte immediatamente un’atmosfera particolare, diversa: è qualcosa di inspiegabile, ma c’è un non so che che attrae. E’ un’atmosfera che ovviamente si respira un po’ ovunque in Toscana: ogni angolo, specialmente se immerso nella campagna più brulla, investe il viaggiatore con il suo fascino. Qua però c’è qualcosa di diverso: se amate i misteri, i luoghi capaci di disorientare la mente e il cuore, se vi stupite di fronte alla potenza della storia antica che resiste portentosa alla modernità, questo è il luogo per voi. Non si può passare per l’Alta Maremma e non lasciarsi affascinare dagli enigmi delle Vie Cave: ciò che ci troviamo di fronte sono passaggi scavati nel tufo larghi al massimo una trentina di metri, lunghi tra i 300 metri e il chilometro e mezzo; in alcuni casi l’altezza delle pareti raggiunge i 25 metri e percorrerli offre sensazioni di meraviglia e inquietudine, un misto d’incanto e timore. Già così è sufficiente ad attirare la curiosità dei più, ma scavando nel loro passato il mistero diventa sempre più contorto: è interessante, dunque, ricostruirlo.
Le Vie Cave sono un corpo capillare che interessano l’area compresa tra Sovana, Sorano e Pitigliano: si tratta di una rete di strade tracciate più o meno nel V secolo a.C., in una zona governata anticamente dagli Etruschi. Nonostante l’impegno degli studiosi, le scoperte di nuovi materiali e insediamenti, tecniche d’indagine sempre più raffinate, ancora oggi è impossibile dare una motivazione certa del perché siano state costruite. Sicuramente un buon punto di partenza sarebbe quello di prendere in considerazione il terreno dal quale sono state ricavate. Nel territorio dell’Alta Maremma c’è infatti un elemento peculiare che ha accompagnato in tutte le sue fasi la vita degli Etruschi: il tufo. Si tratta di una roccia eterogenea, friabile e molto leggera, quindi facile da modellare e trasportare. Importante è anche sottolineare il fatto di trovarsi di fronte ad una roccia vulcanica generata da eruzioni datate circa tra un milione e quattrocentomila anni fa dal vulcano situato nell’attuale Lago di Bolsena: non si dimentichi infatti che in quegli anni, l’area era considerata il più grande bacino vulcanico d’Europa e permeata da una fervente attività vulcanica. Era dunque un’importante risorsa e gli etruschi fecero di questa roccia la loro ricchezza principale. Sappiamo tra l’altro che questo popolo conosceva assai bene le tecniche di scavo che usavano gli Egizi e che potrebbero aver riproposto anche nella costruzione delle Vie Cave: si scavava nella roccia una serie di fori che poi venivano riempiti con un grossi cunei di legno secco ed infine colmati d’acqua; l’effetto del rigonfiamento del legno faceva saltare un pezzo di roccia e ripetendo l’operazione una infinità di volte, si riuscivano ad ottenere dei grossi tagli che poi venivano levigati e lisciati a colpi di piccone. Ai lati della strada venivano poi realizzate delle canalette per espellere l’acqua. Ma come tutti forse hanno conoscenza il tufo è una roccia estremamente friabile e dunque un materiale così facilmente erodibile aveva continuamente bisogno di manutenzione, continui livellamenti: proprio per questo motivo oggi abbiamo Vie Cave profonde addirittura 25/30 metri, quando magari al tempo degli Etruschi era solo di un paio di metri.
Notoriamente gli Etruschi sono un popolo estremamente enigmatico di cui sappiamo veramente poco, ma una delle poche notizie certe che ci sono arrivate riguarda sicuramente il loro sistema religioso che ha influenzato e incantato intere culture. Gli Etruschi furono i padri della necropoli della quale avevano una concezione particolare: la zona di sepoltura, doveva somigliare in tutto e per tutto alla città vera, poiché le tombe rappresentavano le abitazioni per la vita eterna ed erano pensate per dare ristoro al defunto nel percorso dopo la morte. È quindi forse possibile che in origine le Vie Cave fossero le strade che collegavano le tombe all’interno delle necropoli e, allo stesso tempo, che univano gli insediamenti urbani alle zone cimiteriali. I segni del passaggio della civiltà Etrusca sono inconfondibili soprattutto nella parte alta, la più antica, costellata di simboli sacri come la svastica, che fino all’avvento del nazismo aveva valenze positive e che per gli etruschi era il simbolo del Sole Ruotante, il cui ciclo permetteva il perpetrarsi della vita. Altri simboli che si possono incontrare sulle pareti di tufo sono il guerriero a cavallo, emblema del viaggio del defunto nell’oltretomba, e organi genitali maschili e femminili: il fallo, nello specifico, era considerato un’immagine portafortuna e forza generatrice di vita. Nel corso del tempo però su quelle che, probabilmente, nacquero come strade a carattere sacro, si andarono a innestare usi di carattere commerciale o di pubblica utilità: in epoca romana per esempio esse entrarono a far parte del sistema viario che si innestava al tronco principale della Via Clodia, l’antica strada che collegava Roma a Saturnia, ma fu soprattutto a partire dall’epoca medievale che furono impiegate come vie di comunicazione e l’utilizzo “laico” prese il sopravvento. Le cose però cambiarono nuovamente con l’avvento del Cristianesimo e il nome delle Vie Cave non fu più legato all’utilità o al sacro cammino post mortem: è in questo momento che divennero il fulcro di dicerie e storie inquietanti legate al demonio. Si diceva che chi le percorreva non tornasse più indietro o che lungo il percorso si potessero incontrare mostri e streghe: proprio per questo per scacciare tali presenze demoniache si scavarono nicchie arcuate a distanza di circa 100/150 m l’una dall’altra, affrescate con immagini sacre, che avevano proprio la funzione di proteggere i viandanti durante il loro passaggi e per questo tali tabernacoli erano detti “madonnine del buon viaggio” o “scacciadiavoli” che ancora oggi sono visibili anche se le tracce degli affreschi sono quasi completamente scomparsi. Tutto questo resta però ancora negli attuali nomi che portano la maggior parte delle Vie Cave derivati dall’immagine del Santo dipinto nel tabernacolo più importante presente lungo i percorsi. Alcuni esempi si ritrovano nella Via Cava di San Rocco (Sorano) che fino al 1936 è stata l’unica via di comunicazione tra Sorano e Sovana perché soltanto dopo tale anno venne costruito l’attuale ponte sul fiume Lente; o ancora nella Via Cava di San Giuseppe (Pitigliano) che prende il nome dall’affresco presente in una nicchia che è stato recentemente ridipinto visto lo stato in cui versava e la grande devozione dei Pitiglianesi nei confronti di San Giuseppe; o ancora infine la Via Cava di San Sebastiano (Sovana) che probabilmente è la Via Cava più importante del territorio: le sue pareti arrivano fino a 25 metri, ricche di simboli e alcune tombe nella parte alta sono state riutilizzate dagli eremiti cristiani che cercavano una posizione isolata per realizzare il loro Oratorio.
Altro aspetto importante delle Vie Cave è sicuramente quello ambientale: in questi sentieri sotterranei infatti si è sviluppato un particolare microclima che ha favorito la crescita di una vegetazione tipica degli ambienti umidi e ombrosi, quali felci, muschi, licheni, edere e liane che contribuiscono ad accrescerne il fascino. A proposito della quale è stata sviluppata una visione legata alla Teoria Elettromagnetica secondo cui laddove si trova uno strato di terreno non omogeneo, sviluppa un campo elettromagnetico a partire da un cambiamento di temperatura: così ogni alterazione del campo magnetico terrestre modifica la fertilità del suolo contribuendo alla nascita di nuove specie vegetative. Il tufo per la sua particolare configurazione sarebbe ritenuto particolarmente adatto ad una possibile alterazione dei campi magnetici.
In ogni caso le Vie Cave sono opere uniche al mondo, un patrimonio di enorme importanza storico culturale che e suscitano un’attrazione irresistibile. Camminare lungo questi sentieri regala grandi suggestioni si ha l’impressione di attraversare un mondo fiabesco tra la vegetazione portentosa e la luce del sole che fatica quasi a farsi strada. Il mistero di questi sentieri tortuosi, incisi nella roccia tufacea, resta intatto ma percorrerli è un’esperienza davvero unica: respirare un’aria ricca di suggestione, dove tempo e storia si fondono in una dimensione inedita e primordiale.
Giada Rustici