Ringrazio di cuore la signora Patrizia Angiolucci, nipote di Orfeo Cinelli, per la foto del nonno e per le informazioni e l’amico Ermanno Lombardi per la ricerca presso l’Archivio di Stato di Grosseto
Nell’autunno del 1921, nel pieno delle aggressioni squadristiche, erano stati arrestati, processati e successivamente assolti per gli scontri con i fascisti e per resistenza a pubblico ufficiale, 33 socialisti e comunisti del soranese: Antonio Babbucci, Giuseppe Corfidi, Luigi Camilli, Francesco Papini, Giuseppe Agnelli, Orfeo Cinelli, Crispino Lombardi, Italo Camilli, Luigi Cannucciari, Francesco Pinzi, Concetto Ronca, Ettore Ronca, Giuseppe Totarelli, Matizio De Angelis, Armando Nucci, Uliano Sanità, Zelindo Sanità, Simone Niccolini, Umberto Arcangeli, Antonio Geromaglia di Onano, Santi Ghezzi, Luigi Pietrini, Orlando Pietrini, Omero Martinelli, Vincenzo Pietrini, Idilio Borsetti, Olinto Antoni (o Antocci), Elvio Leoni, Ottavio Monaci, Nazzareno De Angelis, Amedeo Papini, Pietro Marabottini e Adele Domenichelli. Erano tutti campagnoli e calzolai, ad eccezione di Adele Domenichelli, nativa di Manciano, una levatrice che svolgeva il suo lavoro per il Comune di Sorano e che, ancora in tempi recenti, alcuni anziani del territorio ricordavano con affetto e commozione. La Domenichelli era stata processata per istigazione alla violenza, perché dalla finestra della casa di Crispino Lombardi, in S. Quirico, la sera del 20 ottobre del 1921, aveva gridato a un nutrito gruppo di giovani che andavano verso Sorano “Andate, andate, e fateli a pezzi quei mascalzoni di fascisti!”[1].
L’attacco degli “italianissimi” era iniziato subito dopo le elezioni del settembre 1920, che avevano attribuito la vittoria, in quasi tutti i municipi della provincia, ai socialisti. Anche a Sorano la consultazione aveva assegnato la guida del territorio alla sinistra: con 18 voti era stato eletto sindaco Luigi Scossa, classe 1886, ex combattente con il grado di caporale, che si era già distinto nel 1919 per la lotta contro il caroviveri. Scossa, assieme al fratello Pietro, a Giovanbattista Giorgi e Pietro Savelli, capeggiava una rappresentanza popolare che la mattina del 9 luglio 1921 irruppe nei locali del Comune assieme a un nutrito gruppo di soranesi e ottenne, immediatamente, la riduzione dei prezzi già calmierati al 50%[2]. Ovvio, dunque, che fosse uno dei primi presi di mira dagli squadristi, che violarono ripetutamente il suo domicilio e provarono a intimidirlo con lettere anonime che esigevano le dimissioni. Il fascismo aveva messo radici nel territorio soranese con un certo anticipo rispetto agli altri Comuni delle colline del Fiora. Una “squadra di animosi” era stata fondata nel 1919 da Goffredo Pagni[3], uno studente della classe 1899 che era stato ufficiale di complemento nella Grande Guerra e che a fine 1921 sarà fra i capi delle squadre pitiglianesi, la Terribile” e la “Ivo Saletti”, riorganizzate da Arturo Romboli di Pontassieve, inviato da Firenze per espugnare questo territorio al confine con il Lazio. Oltre a Pagni, comandava i fascisti del soranese Odoardo Poggi, amministratore della contessa Sereni e futuro primo podestà di Sorano. Come mi è stato più volte testimoniato da vari soranesi e riscontrato nella documentazione archivistica, una di queste irruzioni nell’abitazione di Scossa, si concluse con il barbaro gesto di uno squadrista grossetano, che orinò sul pavimento di cucina in presenza della moglie del sindaco. Le minacce ricevute indussero il primo cittadino alle dimissioni alla fine del ’21, specie quando Scossa si rese conto che nessun rinforzo per l’ordine pubblico sarebbe stato inviato dalla Prefettura.
Ancora più drammatica la vicenda di Crispino Lombardi, pro-sindaco socialista, classe 1874, della frazione di San Quirico, che di mestiere faceva il calzolaio e che gli anziani del paese ricordavano come un uomo intelligente e grande lettore dell’“Avanti!”. Lombardi era il vero ispiratore del socialismo in territorio soranese e per questo fu uno dei primi a subire un’aggressione fisica, preceduta di qualche mese da quella compiuta contro il compaesano Giovanbattista Nucci, malmenato nell’autunno del 1920 mentre era intento ai lavori di svinatura. La sera del 30 dicembre 1920, dopo una burrascosa seduta del Consiglio Comunale, mentre percorreva la strada di ritorno da Sorano capoluogo alla sua abitazione, fu vittima di un attentato a circa un chilometro dalla sua abitazione, dal quale riuscì comunque a salvarsi. Per quanto la paternità del fattaccio fosse attribuita a mandanti vicino al Partito popolare[4], due degli aggressori, Minori e Pampanini, risultarono appartenere ai dieci squadristi della frazione. Successive intimidazioni e poi l’arresto, come si è visto all’inizio di questo articolo, costrinsero Lombardi a lasciare il territorio nel 1922 per stabilirsi a Roma con la famiglia. Nella capitale aprì un negozio di riparazioni di biciclette e una bottega di calzolaio che, stando alle testimonianze dei parenti, furono devastate dai fascisti. Ogni suo spostamento in territorio soranese, nel 1927 e poi nel 1930, venne sempre segnalato dalla polizia del regime, che indicava nel Lombardi il punto di riferimento dei sovversivi provenienti dalla provincia di Grosseto. Ciò fino alla sua morte, avvenuta nel 1931. Il figlio Ezio, antifascista e comunista di Bandiera Rossa, dopo aver subito il confino e il carcere a Via Tasso, verrà trucidato alle Fosse Ardeatine.
Mi sono domandato più volte, infine, quale destino avesse avuto Orfeo Cinelli, il numero tre dei socialisti soranesi, dopo Lombardi e Scossa, il più giovane di essi, che a seguito delle elezioni del settembre 1920 era stato eletto consigliere comunale e provinciale. Le mie notizie su di lui si erano fermate al 1926, quando fu costretto a lasciare il Comune di Sorano per trasferirsi a Genova, nella speranza di sfuggire alle violenze fasciste. Orfeo Cinelli era nato nella frazione di San Valentino il 26 febbraio 1897 da Aristodemo Rotilio e da Rossi Vittoria, originaria di Casteldelpiano. Come altri della sua generazione era stato richiamato per la Prima guerra mondiale. Dal suo foglio matricolare, consultato presso l’Archivio di Stato di Grosseto, apprendiamo che di professione faceva il calzolaio e che il 16 ottobre del 1917 era soldato di leva di prima categoria. Fu chiamato alle armi il 6 dicembre del 1917, ma affidato ai servizi sedentari in modo permanente a causa di un’ernia inguinale. A seguito di una visita a Livorno risulterà inabile al servizio della guerra e assegnato al 180° Battaglione di Milizia territoriale, dove si sarebbe guadagnato il grado di sergente e, per aver servito la patria “con fedeltà e onore”, ebbe diritto a 200 lire di premio nell’aprile del 1919. Il congedo illimitato gli giunse il 10 aprile del 1920[5], quando Cinelli era impegnato nelle lotte per il riconoscimento delle terre ai fanti che erano tornati dal fronte, terre che il Governo aveva promesso ai soldati per ripagarne gli immani sacrifici. Proprio in quell’aprile del 1920, la Cooperativa Agricola e di Consumo di Castell’Ottieri, della quale era presidente, riusciva a ottenere in affitto per quattro anni, dopo averli occupati, e dopo una sentenza in suo favore del Tribunale di Pitigliano, i terreni di proprietà dei latifondisti Sereni, situati in località “Poggi della Scarlattina” e “Valle Roccia”, per un’estensione di 30 ettari. La Cooperativa s’impegnava a eseguire le sole colture estive nei rinnovi già esistenti e la semina del grano negli altri localizzati a ponente della strada provinciale, oltre a mantenere pulite e ben percorribili le strade dell’azienda[6]. Sulla scia di questo successo e di altri ottenuti dalle leghe contadine del territorio, il 2 maggio 1920 a Sorano capoluogo si inaugurava il vessillo della sezione socialista, al quale parteciparono tutte le cooperative agricole del territorio e del vicino Comune di Pitigliano, che inneggiarono a Lenin e alla Rivoluzione bolscevica. Presso piazza della Fonte si tenne un comizio in cui presero la parola Scossa, Dinelli di Pitigliano e Orfeo Cinelli. Di lì a qualche mese, come si è visto, i socialisti conquistarono il municipio e Cinelli fu eletto consigliere comunale e provinciale. Poiché ricopriva quest’ultimo incarico, ricevette vari attacchi dai popolari, che dal loro giornale “Il Rinnovamento” lo accusavano di riscuotere “trenta lire al giorno … di marciare da signorino come se fosse mantenuto a derrate e avesse una tangente per andare a Grosseto ogni volta che occorre. Vedete come vanno le cose! Questa infame borghesia deve nascere anche fra i proletari, eppure: articolo 1 chi non lavora non mangia”[7]. Una polemica pretestuosa, specie se si pensa che proprio i socialisti avevano sollecitato da sempre il pagamento di chi si occupava di politica e di amministrazione, che fino ai primi del Novecento era stata appannaggio esclusivo della ricca borghesia e dei proprietari terrieri, che non avevano certo il problema di sbarcare il lunario e potevano dedicarvisi senza impedimenti. La caduta dell’amministrazione socialista a causa delle violenze fasciste che la investirono, spinse Orfeo Cinelli a emigrare, a Genova nel 1926. Non abbiamo notizie di violenze subìte in territorio soranese, ma il suo allontanamento lascia intendere che sia stato almeno minacciato e quindi indotto a farlo. Ciò era avvenuto al capo degli Arditi del Popolo, l’ingegnere e capitano Dario Cappelli, costretto ad andarsene non senza prima essere percosso. Subirono violenze anche i soranesi Antonio Pichini, Antonio Papini, Enrico Pichini e Zelindo Sanità. Addirittura i fascisti soranesi furono in grado di esportare violenza anche in alcuni comuni limitrofi, come Acquapendente, dove il Primo Maggio del 1922, a seguito di scontri a cui parteciparono, fu ucciso da uno squadrista di Onano l’operaio Turindo Zannoni.
Questo crescendo di violenze, che non si arrestò durante l’amministrazione del fascista Agostino Celli, dal 1923 al 1926, costrinse Orfeo Cinelli a trasferirsi a Genova. Qui s’innamorò di una donna, Giulia Bisso, e nel maggio del 1934 ebbero una bambina di nome Elisa, che però non l’avrebbe mai conosciuto. Orfeo Cinelli, antifascista soranese, morì a Genova dopo un pestaggio degli “italianissimi” il 14 ottobre del 1935.
NOTE
[1] Tribunale di Firenze, Sentenza della Corte di Appello di Firenze – Sez. Accusa n. 84 Reg. Gen. n. 215 del 22 maggio 1922
[2] Archivio del Comune di Sorano, Gestione Annonaria dal 1917 al 1920, luglio 1919).
[3] Figlio di Alceste e Finetti Giulia, era nato a Sorano il 24 luglio 1899. Fu ufficiale di complemento nella Grande Guerra. Emigrò a Siena nel 1926 e nell’aprile del 1927 a Monticiano (Archivio del Comune di Sorano, Anagrafe, cartella 159.
[4] Ne scaturì un’immediata polemica fra il giornale socialista Il Risveglio e quello del Partito popolare Il Rinnovamento, che comunque condannava l’aggressione al Lombardi. In ogni caso il fattaccio spinse i socialisti ad assaltare la canonica di San Quirico, mentre a San Valentino fu impedita l’apertura della chiesa la mattina successiva e il parroco reputò opportuno allontanarsi.
[5] Archivio di Stato di Grosseto, Fogli Matricolari, anno 1897, Cinelli Orfeo.
[6] F. Dominici, Cent’anni di storia. Sorano 1860-1960, Stampa Alternativa, Roma 2001, pp. 98 e 99.
[7] “Il Rinnovamento”, giugno 1921.